Fase 2: ripresa economica e tutela della salute. L’appello di 150 scienziati al Governo!
Intervista al prof. Franco Cotana dell’Università di Perugia, tra gli scienziati firmatari dell’appello rivolto al Governo
In questi giorni è stato lanciato l’appello di 150 scienziati e accademici italiani per porre le basi ad una ripresa in tempi stretti salvaguardando la salute pubblica.
Obiettivo raggiungibile? A quanto pare gli scienziati italiani si rifanno al modello Corea del Sud per elaborare la fase 2. Ovvero rimettere in moto il sistema produttivo evitando il riaccendersi di focolai epidemici.
Per la ripresa occorre un ampio piano di investimenti che ridia slancio ad un’economia in forte rallentamento. Una grande occasione per accelerare la messa in atto del Green new deal europeo soprattutto in Italia, semplificare le procedure e passare all’azione.
Appare evidente ormai che cambiamento climatico, sviluppo economico e salute pubblica necessitino di un’unica visione di medio lungo periodo.
La scienza e l’innovazione ci possono fornire strumenti, scenari per far “rinascere” un Sistema Italia d’avanguardia.
Approfondiamo il tema con il prof. COTANA dell’Università di Perugia, tra gli scienziati firmatari dell’appello rivolto al Governo.
In che modo la scienza, l’intelligenza artificiale possono venirci in aiuto in questa fase post emergenza?
Il gruppo di accademici e scienziati denominati “Lettera 150” si è arricchito ed ampliato con ulteriori membri che, dovendo affrontare la “fase 2” della ripartenza, si è suddiviso in sottogruppi per elaborare proposte specifiche nei vari settori quali: la teledidattica, gli aspetti medico e sanitari, le tecnologie di intelligenza artificiale e relative applicazioni, la nuova logistica ed i nuovi sistemi di trasporto, la regolamentazione e la giurisprudenza al fine della sburocratizzazione e semplificazione (v. riforma del Codice degli Appalti e nuovi sistemi semplificati di regolazione e controllo) fino al sottogruppo per il rapporto religione-società.
Questo drammatico momento sta sicuramente cambiando il modo di lavorare e di relazionarsi tra le persone; da un certo punto di vista si è capito che tantissime attività possono essere svolte con lo smart working senza diminuirne la capacità produttiva, ma al contrario rendendo più efficiente e flessibile il lavoro fatto da casa. Si può immaginare, in futuro, che tale modus operandi possa trovare applicazione e sviluppo in tanti settori, specialmente nella pubblica amministrazione, portando ad una semplificazione amministrativa ed una trasparenza dei processi amministrativi che favorisce la smaterializzazione di gran parte delle pratiche burocratiche.
Ritiene che il modello Corea sia replicabile anche in Italia o intravede delle barriere e/o nuove opportunità di sperimentazione di nuovi modelli?
Il modello Corea è molto interessante ed è stato preso ad esempio da “Lettera 150” per gli eccellenti risultati che in quel Paese sono stati conseguiti nel contenimento della pandemia e nella tutela delle vite umane. Non può essere replicato automaticamente ma occorre migliorarlo tenendo presenti le legittime esigenze di privacy delle persone, garantendo la sicurezza e la riservatezza dei dati personali. Tuttavia, l’uso delle precauzioni quali il distanziamento, l’utilizzo dei presidi come guanti e mascherine ed altre forme di prevenzione, integrati con i sistemi di tracciamento delle persone obbligate a lavorare al pubblico e con frequenti contatti con la gente, permetterebbe di sbloccare il nostro Paese e di far ripartire il sistema produttivo.
Non ci si deve però illudere che la situazione finisca così rapidamente perché, come dicono gli specialisti in epidemie, per arrivare ad una “immunità di gregge” occorre che almeno il 60% della popolazione venga immunizzato e ad oggi, secondo le stime dell’Imperial College, in Italia dovremmo essere ad un totale di 5-6 milioni di persone rispetto ai 40 milioni necessari per tale immunità. Ci si deve pertanto aspettare una risalita dei contagi nella prossima stagione invernale, che non ci deve cogliere impreparati e occorre assolutamente evitare un secondo lockdown che sarebbe deleterio per l’economia italiana.
In qualità di Chairman del gruppo Biofuels and Bioenergy del Piano Strategico europeo, quali sono le azioni prioritarie che proporrebbe da mettere in atto del Green New Deal?
Le priorità del SET Plan (Strategic Energy Technology plan) nell’ambito del Working Group 8 “Bioenergy and renewable fuels for sustainable transports”, sono diversificate a seconda degli stati membri in quanto le specificità agroindustriali delle filiere energetiche si sono sviluppate in maniera diversificata in Europa. Per quanto riguarda il nostro Paese in particolare, le filiere agroforestali nel campo della produzione delle bioenergie devono essere attivate per poter utilizzare appieno il grandissimo potenziale inespresso di cui dispone l’Italia. Abbiamo boschi cedui abbandonati da oltre 40 anni che non sono gestiti e mantenuti e che non svolgono più la funzione di assorbimento di anidride carbonica che, come noto, è molto accentuata nei primi 20 anni di vita della foresta. Per utilizzare questa potenzialità, eventualmente unita anche al recupero delle potature di alberi da frutto, olivi etc., devono essere sviluppate tecnologie di meccanizzazione per la raccolta e la lavorazione di tali tipi di biomasse solide lignocellulosiche. Per quanto riguarda la trasformazione delle biomasse solide, sono già mature tecnologie che permettono la produzione nei vari prodotti dalla filiera del legno quali il cippato, il pellet, le bricchette, il cippatino…
Qualora tali prodotti debbano essere inviati alla combustione di generatori di calore di modesta potenza, è necessario un trasferimento tecnologico che consenta di migliorare le prestazioni in termini di emissioni. Come noto, uno degli ostacoli allo sviluppo degli impianti a biomassa, soprattutto in alcune regioni dove la qualità dell’aria mostra già forti criticità, è quello della produzione del particolato e delle polveri sottili. Caminetti e stufette a pellet non hanno attualmente dispositivi per abbattere tali emissioni. Attraverso un progetto del Ministero dell’Università, che vede il coinvolgimento degli atenei Palermo, Enna, Perugia, Napoli, Bolzano e Pavia, si stanno mettendo a punto dispositivi intelligenti per abbattere la produzione di vapore acqueo e polveri negli impianti a biomassa di piccola e media taglia.
In che modo la comunità scientifica europea può orientare e accompagnare i processi decisionali in atto?
La comunità scientifica europea opera attraverso due grandi associazioni: l’EERA European Energy Research Alliance e l’University Alliance Europe. La sezione Bioenergy di EERA ha vinto il finanziamento di un progetto per il support al Working Group 8 per implementare le strategie europee per le bioenergie e i combustibili rinnovabili per i trasporti sostenibili.
La comunità scientifica europea svolge un ruolo importante nell’implementazione delle tecnologie del SET plan, lavorando anche nel settore delle normative, alla redazione delle direttive europee e, attraverso la produzione di documenti preparatori, monitora ed orienta i bandi di ricerca per attuare gli Implementation Plan (IP) del SET Plan ed i vari progetti Horizon Europe.
Attraverso queste progettualità è stata finanziata con 100 miliardi di euro la ricerca europea che viene così indirizzata verso lo sviluppo di tecnologie, strumentazioni ed impianti in grado di utilizzare al meglio le filiere delle energie rinnovabili, in particolare quelle delle bioenergie che possiedono un potenziale di più del 50% di tutte le energie rinnovabili in Europa. Ritengo altresì fondamentale, specialmente per l’Italia, ricordare che deve essere strategico tutelare la proprietà intellettuale in quanto oggi i ricercatori non sono stimolati nel fare brevetti perchè vengono valutati solo sulla base delle pubblicazioni su rivista e non sulle attività di ricerca applicata che portano alla produzione dei brevetti. L’Italia non supera il numero dei mille brevetti italiani attivi all’EPO European Patent Office di Monaco. Tale aspetto va cambiato in modo che la ricerca del mondo accademico diventi un’opportunità di crescita e di sviluppo per il nostro Paese.