Le bioenergie nell’Ue hanno numeri che esigono più attenzione dalle politiche energetiche

Il 57,4% dei consumi di energia da rinnovabili nell’Ue; l’11% dei consumi energetici totali e appena il 3,4% di dipendenza dall’import; oltre 700mila occupati e riduzione delle emissioni. Ma il settore è poco sostenuto dalla politica.

Pochi sanno che la bioenergia oggi costituisce nell’Unione europea il 57,4% dei consumi di energia da fonti rinnovabili e che, nonostante la sua costante crescita dal 2000, ha un livello di dipendenza dalle importazioni molto basso (circa il 3,4%), soprattutto se confrontato con quello dei combustibili fossili come il petrolio (al 95%) o del gas (all’84%).

Sul mix energetico totale, le bioenergie coprono il 10,7% del totale e sembra dunque chiaro che non vadano marginalizzate nelle politiche energetiche che puntano al contenimento dei gas serra e vanno nella direzione di un’economia carbon neutral.

Molti dati sono forniti dall’ultimo rapporto statistico di Bioenergy Europe (allegato sintesi in basso) che fornisce numeri molti dettagliati sul mercato europeo delle bioenergie: oltre 150 grafici e figure, che danno un quadro sul sistema energetico dell’Ue, dei consumi finali di energia della biomassa per calore ed elettricità, del numero di impianti a biogas in Europa, del consumo e commercio di pellet, della capacità di produzione di biocarburanti e altre informazioni che potrebbero essere di aiuto anche per i decision maker.

In sintesi, si forniscono dati che spiegano come la biomassa sia la più importante fonte di energia autoctona in Europa, fin dal 2016 davanti ai combustibili fossili. E inoltre la produzione di energia primaria da fonti rinnovabili è l’unica in aumento nell’UE27, guidata appunta dalla biomassa e poi dall’eolico.

Secondo il rapporto, le bioenergie rappresentano una soluzione oggi già disponibile per soddisfare i settori che sono più in ritardo nel processo di decarbonizzazione o dove non sono disponibili altre opzioni come ad esempio i trasporti, e in particolare l’aviazione e il settore marittimo.

Le biomasse sono oggi inoltre una delle più importanti opzioni per il riscaldamento residenziale, ma anche per i consumatori industriali.

In questo grafico l’evoluzione della produzione primaria di energia da fonte rinnovabile dal 2000.La bioenergia, utilizzando soprattutto risorsa locale, riesce in Europa a sviluppare una catena di approvvigionamento con basi molto solide, così da consentire la creazione di molti posti di lavoro: è infatti la fonte rinnovabile che coinvolge più occupati diretti e indiretti, circa 708.600 nei comparti delle biomasse solide, dei biocarburanti, del biogas e dei rifiuti urbani rinnovabili.

Nel 2018 il suo il giro d’affari è stato stimato nell’Ue e nel Regno Unito in 57,6 miliardi di euro. L’industria europea delle bioenergie è inoltre molto competitiva a livello globale e ha una leadership in termini di tecnologia e di processi di sviluppo; esporta attrezzature e componentistica avanzata e si è dimostrata particolarmente resiliente alle diverse interruzioni delle catene di valore internazionali.

Secondo il report, nel 2019 la bioenergia ha permesso per risparmiare nell’Ue27 circa 285 MtCO2eq pari all’8,5% delle emissioni dell’anno (un quantitativo che corrisponde alle emissioni annuali della Spagna).

Cosa andrebbe fatto per lo sviluppo delle bioenergie in Europa?

Sebbene la biomassa/bioenergia sia l’unico combustibile che deve rispettare severi requisiti di sostenibilità e a cui viene richiesta la completa tracciabilità nella filiera, non è un comparto appoggiato da un quadro politico che è spesso in continua evoluzione e che andrebbe stabilizzato. Un cambiamento delle regole che ha infatti come conseguenza di scoraggiare gli investimenti nel settore.

Un’eliminazione graduale del sostegno per tutti i combustibili fossili, a favore delle rinnovabili, soprattutto negli usi del riscaldamento darebbe ad esempio un forte segnale anche al comparto delle bioenergie: le direttive sulla tassazione dell’energia (ETD) e sul sistema di scambio di quote di emissione dell’Ue (EU ETS) per gli edifici sarebbe un passaggio importante, anche per il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica entro il 2050.

Fonte: QualEnergia.it