L’importanza di “coltivare” il bosco

Intervista con Maria Rita Gallozzi, certificatrice di gestione forestale e vice presidente di FSC Italia.

Oggi più che mai i boschi possono essere una grande risorsa per i cittadini dei comuni montani italiani, una risorsa che può permettere loro di produrre energia con costi contenuti, in modo sostenibile per l’ambiente e attivando una filiera a chilometro zero. Ma non solo: tutto ciò farebbe bene ai boschi che verrebbero mantenuti, curati, coltivati, mentre oggi spesso sono abbandonati, si ammalano, invecchiano. Ne abbiamo parlato con Maria Rita Gallozzi, certificatrice di gestione forestale e vice presidente di FSC Italia.

1. Dal suo osservatorio specialistico di esperta forestale, qual è lo stato dell’arte del patrimonio forestale italiano?
Per rispondere, uso le parole della dott.ssa Alessandra Stefani, collega che oggi dirige la Direzione Nazionale Foreste al MIPAAF: “L’Italia è un paese forestale e la nostra prima sfida è farlo capire agli italiani, che nella maggior parte dei casi, non sanno di vivere su un territorio attualmente ricoperto per un terzo di boschi”.
Per cui, tenendo conto che in Italia la superficie boschiva, dal 2005 al 2020, è aumentata di circa 590.000 ettari, come riportato dall’ultimo INFC (Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio) e che negli anni Venti nel nostro Paese potevamo contare su un patrimonio di circa 4 milioni di ettari di boschi, mentre attualmente siamo passati a 11 milioni di ettari, direi che il nostro patrimonio forestale gode di buona salute.
Unico rilievo che occorre evidenziare è che in molti casi mi capita di girare in boschi “abbandonati”, non gestiti, perché magari il proprietario o il gestore è irrintracciabile o semplicemente sceglie di non fare nessun intervento forestale: in questi casi, mi capita di osservare il degrado dell’area forestale che sto percorrendo. L’abbandono del bosco, purtroppo, è frequente nel nostro paese ed è causa diretta di dissesto idrogeologico e incendi.

2. C’è chi dice che il bosco vada lasciato crescere senza intervento umano. Secondo le pratiche forestali, qual è l’atteggiamento o il comportamento che bisognerebbe tenere in caso di alberi malati?
I monaci camaldolensi, autori del Codice Forestale Camaldolense e custodi gelosi del patrimonio boschivo dell’Appennino Tosco Emiliano, ne codificarono lungo i secoli la gestione in una serie di norme, che costituiscono il cosiddetto “Codice forestale camaldolese”, nel quale si legge “il bosco va coltivato senza scemarne la bellezza”. Custodire e coltivare: questa è la base di una gestione sostenibile dei boschi. Si può, in sostanza, tagliare gli alberi, valorizzando il “prodotto legno” (e non solo), senza danneggiare in alcun modo l’ambiente.
Una foresta sana rallenta l’erosione del suolo, gli smottamenti del terreno e le inondazioni. Supporta una varietà di biodiversità, cattura CO2, genera ossigeno e filtra l’acqua. Naturalmente, la foresta produce legno, una risorsa rinnovabile che sta diventando il materiale del futuro offrendo un’alternativa sostenibile ai combustibili fossili.
Infine, una foresta “gestita” è una foresta accessibile e accogliente per le numerose attività ricreative che possono offrire ai visitatori amanti della natura, come l’escursionismo, la mountain bike, e il sempre più attuale “forest bathing” comunemente definito come “benessere forestale”.
In caso di “alberi malati” occorre valutare di volta in volta la situazione: singoli alberi “morti in piedi” (come si usa dire in termini forestali) sono spesso lasciati in bosco in quanto rifugi e tane per animali e uccelli; stesso discorso vale per quelli che sono a terra: saranno utili ai microrganismi decompositori e di conseguenza al suolo, che si arricchirà di sostanza organica.
Il discorso è diverso in caso di attacchi violenti di patogeni su interi popolamenti forestali: in questo caso occorrono azioni specifiche per limitare l’infestazione, azioni che possono includere anche dei tagli non previsti del soprassuolo arboreo. In questi casi, molto spesso, il legname infestato viene comunque utilizzato come biomassa.

3. Cosa significa ed è possibile fare una gestione sostenibile del bosco? Quali sono i vantaggi, di “coltivare” il bosco?
Rinnovare le foreste, produrre legno per diversi usi, preservare la biodiversità, accogliere il pubblico, prevenire i rischi di incendio, migliorare la resistenza delle foreste al riscaldamento globale: questi sono gli obiettivi della gestione forestale (o selvicoltura). La gestione forestale sostenibile consente proprio questo: preservare la foresta nel suo complesso, le sue funzioni e la sua biodiversità.
C’è una gestione sostenibile quando la “manutenzione” del bosco mantiene la foresta in crescita e garantisce un sano equilibrio tra funzioni economiche, ecologiche e sociali e questo si verifica quando la crescita degli alberi rimane più importante della loro mortalità e del prelievo legnoso.
Non va dimenticato però che la raccolta del legname fa parte del ciclo di vita delle nostre foreste: tagliare un albero non è un “crimine ambientale”.
Se il taglio è fatto applicando le regole selvicolturali e se è definito da un Piano di Gestione Forestale, non ci sono problemi nel tagliare un bosco e, in più, se ad occuparsi della gestione sono operatori specializzati, si ha la garanzia che saranno rispettate le regole della selvicoltura naturalistica, implementando interventi specifici ed effettuando prelievi di materiale legnoso che non vanno mai oltre il livello di “ricrescita” (ripresa) annuale del bosco: cioè non si taglia mai più del legno che il bosco produce in 1 anno!
I tagli di “diradamento”, “miglioramento” o “rigenerazione” permettono agli alberi di beneficiare di luce e risorse sufficienti per rinnovarsi e crescere, l’importante è avere sempre in mente che un bosco non è solo uno stock di legno da sfruttare.

4. Che tipi di sistemi di tracciabilità ci sono per garantire che il bosco sia trattato secondo i criteri di sostenibilità definiti dall’Unione europea?
In tutti i settori di attività, i governi, la società civile e, in ultima analisi, i consumatori chiedono una maggiore trasparenza sull’”origine dei prodotti” per garantire che soddisfino determinati criteri di qualità. Il settore forestale non fa eccezione a questo problema, e anche in questo caso, è necessario che la materia prima lavorata, vale a dire il legno, provenga da fonti che rispettino il quadro giuridico locale e l’ambiente forestale. Per soddisfare questi requisiti, diverse aziende forestali hanno implementato una “catena di custodia” per i loro prodotti.
Qui entra in gioco il concetto di “tracciabilità”, che è un processo che permette di identificare l’origine e di rintracciare un prodotto attraverso le varie fasi della filiera. In ambito forestale, ciò significa essere in grado di tracciare un prodotto dalla fase di prelievo della materia prima dal bosco alla sua lavorazione, fino alla commercializzazione del prodotto finito.
Quindi, un sistema di tracciabilità è usato per verificare che la materia prima per i prodotti in legno derivi da fonti legali, responsabili o comunque accettabili.

Per soddisfare il desiderio dei consumatori di acquistare legno “pulito”, sono stati creati diversi schemi di certificazione delle foreste e dei prodotti in legno: si assicura ai consumatori che stanno acquistando legno proveniente da foreste gestite in modo sostenibile e con metodi di prelievo della materia prima rispettosi dell’ambiente. Gli schemi di certificazione più sviluppati sono l’FSC (Forest Stewardship Council) e il PEFC (Programme for the Endorsement of Forest Certification Schemes).
La certificazione forestale attesta la gestione sostenibile della foresta e il rispetto delle sue funzioni ambientali, sociali, paesaggistiche ed economiche.

Insomma, dopo questa escursione nel settore forestale italiano, quello che è importante far emergere è che un bosco ben utilizzato e gestito è un bosco sano, che racconta la storia del territorio in cui è inserito e della sua interazione con l’uomo; è un bosco che fornisce in modo ottimale la risorsa legno di cui oggi abbiamo sempre più bisogno e, soprattutto, è la dimostrazione che il taglio di un albero non comporta la distruzione del bosco stesso, ma anzi ne favorisce la rinnovazione e la conservazione.

Teleriscaldamento a biomassa: autunno al caldo e prezzi stabili!

Milano – In questi giorni di accesa campagna elettorale, in cui il tema dell’energia tocca direttamente le tasche degli italiani e il futuro delle imprese, arrivano buone notizie dai gestori del teleriscaldamento a biomassa associati a FIPER.

Segnala a riguardo Walter Righini, presidente FIPER: “da un’indagine condotta in questi giorni presso i nostri 96 gestori di sistemi di teleriscaldamento alimentati a biomassa legnosa vergine, il prezzo del riscaldamento per la stagione invernale 2022-2023 rimane nella stragrande maggioranza dei casi stabile o con aumenti limitati e comunque non superiori al 5-10%” per compensare in particolare l’aumento del prezzo della legna”.

Questi dati testimoniano l’importanza del valore del teleriscaldamento, inteso come strumento per valorizzare le risorse rinnovabili – biomasse, geotermia, calore di scarto – presenti sul territorio per produrre energia termica ed elettrica in cogenerazione a kilometro zero.

All’informazione negativa e dilagante dei gravi rincari del servizio del teleriscaldamento soprattutto in ambito urbano, precisiamo che si tratta di impianti alimentati a gas e non alimentati a fonti rinnovabili!

Non è un caso che in Germania per far fronte al caro energia e proporre soluzione di ampio respiro, il governo abbia destinato circa 2,98 miliardi di euro a nuove reti di teleriscaldamento green e all’estensione delle reti già esistenti.

Anche il Governo svizzero si sta muovendo in tale senso, investendo diversi miliardi di franchi in nuove reti di teleriscaldamento rinnovabile per ridurre la dipendenza dal gas.

Roma invece con il PNRR ha destinato esclusivamente 0,2 miliardi di euro sulla promozione di sistemi di teleriscaldamento efficiente.

Puntare sull’impiego della legna di cui l’Italia è ricca, non rappresenta un passo indietro, anzi!

Diverse imprese manufatturiere hanno iniziato a investire nella produzione e autoconsumo di energia da biomassa o pellet per far fronte all’aumento della bolletta energetica e poter rimanere competitive sui mercati internazionali. Sul fronte pubblico, comuni montani stanno valutando di passare dal metano all’impiego delle biomasse.

Chiediamo quindi al Governo di ridurre l’IVA dal 10% al 5% per promuovere ulteriormente il teleriscaldamento a biomassa. Attualmente invece tale riduzione è prevista esclusivamente per gli impianti domestici alimentati a gas.

Conclude Righini: “I boschi stanno entrando nelle nostre case, a causa del loro abbandono e della mancata gestione negli ultimi decenni! E dire che le biomasse rappresentano il primo serbatoio di accumulo di energia a costo zero, disponibile in gran quantità sul territorio nazionale. Un’importante risorsa per promuovere fattivamente la transizione ecologica, partecipare a ridurre il costo delle bollette, stimolare lo sviluppo locale e la gestione dei territori montani e periferici. Oltre alla diversificazione di approvvigionamento di gas o alla riapertura delle centrali a carbone, iniziamo ad impiegare i prodotti, ad oggi scarsamente utilizzati, che abbiamo in casa”.

New Report on Bioenergy by IRENA

The International Renewable Energy Agency (IRENA) published the report Bioenergy for the Transition: Ensuring Sustainability and Overcoming Barriers. The report explores the multiple opportunities of sustainable biomass and highlights the importance of this renewable energy in the current European mix, stressing the key role that modern bioenergy will play in the EU27’s energy transition and that developing it is crucial to meeting the 2050 targets. For more information, please contact Jérémie Geelen.

Webinar: Seeing the Wood for the Trees

The World Bioenergy Association (WBA) is hosting the hybrid conference Seeing the wood for the trees: possible implications of REDIII on renewable energy development & EU energy security. The event will take place in Brussels and online on 7 September, 12:30-14:00 CEST and will hear views from the forestry, policymaking, academic and analyst communities on the potential impact which REDIII could have on EU biomass – and in turn renewable energy markets. Registration is open; find more information on Euractiv’s website.

Public Consultation on Forest Monitoring and Strategic Plans

The Commission has opened a public consultation to gather the views of all relevant stakeholders on how to assess the state of forests, monitor them and develop strategic visions. This will also include more detailed information with a view to conducting a thorough impact assessment and developing the proposal. Feedback can be provided until 17 November (midnight, Brussels time). For more information, please contact Daniel Reinemann.

Updated Position Paper on REDIII Sustainability

In light of the upcoming plenary vote in September on the sustainability criteria for bioenergy in REDIII, the Secretariat has prepared an updated version of Bioenergy Europe’s REDIII position. The purpose of the paper is to clearly explain Bioenergy Europe’s views on the RED revision, and members are encouraged to use the arguments found in this paper in their activities when meeting with policymakers. For more information, please contact Daniel Reinemann.