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Alla scoperta dell’Associazione dei Consorzi Forestali della Lombardia

Alla scoperta dell’Associazione dei Consorzi Forestali della Lombardia

Anche nel settore forestale il coordinamento e la sinergia tra i diversi operatori e istituzioni territoriali è fondamentale per affrontare le sfide del presente e del futuro. Per raccontare questo impegno quotidiano, abbiamo intervistato Gionatan Bonomelli, presidente di ACFL, l’Associazione dei Consorzi Forestai della Lombardia (associata Fiper).

1. Cos’è l’Associazione dei Consorzi Forestali della Lombardia? Quando è nata, com’è organizzata e di che cosa si occupa?

L’Associazione dei Consorzi Forestali della Lombardia, conosciuta con l’acronimo ACFL, è una realtà fondamentale per la gestione del patrimonio forestale lombardo. È nata nel 2009 su impulso di diversi consorzi forestali già attivi sul territorio, con l’intento di creare un coordinamento regionale che potesse rappresentare e valorizzare il lavoro svolto localmente. L’associazione ha un’identità precisa: agisce come punto di riferimento per i consorzi forestali, sia da un punto di vista tecnico che politico-istituzionale, promuove la gestione forestale sostenibile e funge da interlocutore nei confronti della Regione e delle altre autorità pubbliche. È organizzata in modo snello ma efficace: un consiglio direttivo guida le attività e viene eletto tra i rappresentanti dei consorzi aderenti. La sua funzione non è solo di rappresentanza, ma anche operativa: fornisce supporto tecnico, coordina progetti comuni, promuove la formazione professionale e la qualificazione degli operatori. Negli ultimi anni ha assunto anche un ruolo attivo nella progettazione europea, nella promozione della filiera corta del legno e nella sensibilizzazione sul ruolo multifunzionale del bosco, sia dal punto di vista ecologico che economico e sociale.

2. Qual è il ruolo di un consorzio forestale? Quali sono i suoi compiti e i suoi obiettivi principali?

Il consorzio forestale rappresenta una delle forme più evolute e concrete di gestione collettiva delle foreste. Nasce dall’unione di più enti pubblici — principalmente comuni, comunità montane e, talvolta, enti privati — che decidono di conferire in gestione associata i loro patrimoni boschivi. Lo scopo è duplice: da una parte si garantisce una gestione professionale e sostenibile delle risorse forestali, dall’altra si ottimizzano le risorse economiche, tecniche e umane. Il consorzio non si limita alla sola produzione di legname: il suo mandato comprende la tutela ambientale, la prevenzione del dissesto idrogeologico, la valorizzazione della biodiversità e del paesaggio, la promozione del turismo sostenibile e la rigenerazione delle aree marginali. È una struttura operativa che redige e attua piani di gestione forestale, realizza interventi diretti nei boschi — dai tagli selettivi alla realizzazione di piste forestali — e gestisce appalti pubblici legati al verde e alla manutenzione ambientale. Inoltre, promuove la filiera bosco-legno-energia, incentivando l’utilizzo del legno locale per fini energetici o edilizi, rafforzando così l’economia circolare territoriale.

3. Com’è la situazione degli operatori forestali in Lombardia? Quali sono le principali difficoltà che si incontrano in questo settore?

La situazione degli operatori forestali in Lombardia è, purtroppo, complessa e spesso sottovalutata. Parliamo di professionisti che lavorano in un contesto difficile, dove il valore del legname non sempre copre i costi di una gestione attiva del bosco. Questo accade soprattutto a causa della morfologia del territorio: molti boschi lombardi si trovano in zone montane o collinari, difficilmente accessibili e costose da gestire. A ciò si aggiungono criticità di carattere strutturale. Una delle principali è la frammentazione fondiaria: molte proprietà forestali sono piccole, spesso abbandonate, e non permettono economie di scala. Un’altra difficoltà riguarda la burocrazia: le norme forestali, seppur nate per tutelare l’ambiente, a volte rendono troppo onerose o lente le procedure per effettuare interventi anche semplici. C’è poi una questione demografica: il mestiere del boscaiolo attira poco le nuove generazioni, e la manodopera qualificata scarseggia. Tuttavia, va anche detto che si stanno aprendo nuove opportunità. I consorzi forestali stanno investendo in formazione professionale, in meccanizzazione intelligente e in modelli di filiera corta che valorizzino il legname locale. Ma per affrontare con successo queste sfide serve un’azione corale che coinvolga istituzioni, operatori e cittadini.

4. I consorzi forestali non sono solo montani ma anche di pianura: quali sono le principali differenze? Le diverse esigenze tra queste due realtà sono conciliabili all’interno di un’associazione che le raggruppa tutte?

È vero, i consorzi forestali nascono principalmente in montagna, ma da qualche anno stanno sviluppandosi anche in pianura. Le differenze sono notevoli: nei territori montani i consorzi affrontano tematiche legate alla difesa del suolo, alla messa in sicurezza del territorio e alla valorizzazione del paesaggio alpino o prealpino. In pianura, invece, l’attenzione si sposta verso la gestione di boschi planiziali, fasce tampone fluviali e boschi periurbani, spesso con un’importante funzione ecologica e sociale, più che produttiva. Le esigenze operative e gestionali sono quindi differenti, ma non inconciliabili. Anzi, possono risultare complementari. L’associazione regionale (ACFL) rappresenta un contenitore capace di valorizzare queste diversità e di fare rete tra esperienze differenti. Una buona pratica in pianura può ispirare soluzioni innovative in montagna e viceversa. La sfida è proprio questa: riconoscere le specificità locali ma inserirle in una visione regionale condivisa, dove la gestione forestale sia sempre più integrata con lo sviluppo territoriale sostenibile.

5. I consorzi forestali lavorano a stretto contatto con gli enti territoriali: comuni, comunità montane, province e regioni. Cosa possono fare gli enti locali per favorire l’economia della filiera del legno nei territori montani?

Gli enti locali hanno un ruolo chiave nello sviluppo della filiera del legno, soprattutto in contesti montani, dove le difficoltà logistiche e strutturali sono più marcate. Per prima cosa, devono riconoscere il valore strategico del patrimonio forestale, non solo come risorsa ambientale, ma anche come volano economico e sociale. In secondo luogo, possono favorire la filiera sostenibile del legno attraverso politiche attive: ad esempio, utilizzando legno locale nelle opere pubbliche, incentivando la certificazione forestale e promuovendo forme di aggregazione tra i piccoli proprietari. È fondamentale, poi, che i comuni sostengano e rafforzino i consorzi forestali esistenti, o ne promuovano la nascita laddove manchino. Non si tratta solo di trasferire risorse economiche, ma anche di dare stabilità gestionale, creare reti territoriali e snellire le procedure burocratiche. Le amministrazioni locali possono diventare il motore di un’economia forestale circolare, basata su lavoro locale, sostenibilità e resilienza.

6. Come vedi il futuro delle foreste lombarde e della filiera ad esse legata? Che prospettive ci sono a breve, medio e lungo termine?

Il futuro delle foreste lombarde si gioca su un equilibrio delicato tra conservazione e valorizzazione. A breve termine, la priorità è rilanciare la gestione attiva dei boschi, perché un bosco non curato diventa fragile, esposto a incendi, malattie e crolli. È necessario invertire la tendenza all’abbandono e supportare le imprese forestali, rendendole competitive e stabili. Nel medio termine, immagino una filiera bosco-legno-energia regionale integrata, in cui il legno lombardo sia valorizzato localmente sia in ambito edilizio che energetico, con impianti di teleriscaldamento efficienti, edifici pubblici costruiti con legname locale e una gestione certificata e sostenibile delle superfici forestali. È anche importante che cresca la cultura forestale tra i cittadini: solo un territorio consapevole protegge e valorizza le sue risorse. Nel lungo periodo, il grande tema sarà l’adattamento delle foreste ai cambiamenti climatici. Dovremo affrontare periodi di siccità, eventi estremi, attacchi di insetti alieni. Le foreste dovranno diventare più resilienti e diversificate. Per farlo, serviranno pianificazione, investimenti e formazione. Ma anche un cambiamento di sguardo: la foresta non va vista come un luogo “lontano”, ma come parte vitale del nostro territorio, una risorsa strategica per il benessere di tutti.

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