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Il complicato e affascinante mestiere di raccontare le foreste

Il complicato e affascinante mestiere di raccontare le foreste

Luigi Torreggiani è giornalista e dottore forestale. Collabora con la rivista “Sherwood – Foreste ed Alberi Oggi” e cura per Compagnia delle Foreste la comunicazione di progetti dedicati alla Gestione Forestale Sostenibile e alla conservazione della biodiversità forestale. Realizza e conduce podcast, video e documentari sui temi forestali. Ha pubblicato “Il mio bosco è di tutti”, un romanzo per ragazzi, e altre storie forestali illustrate per bambini.

1. Cos’è Compagnia delle Foreste e di cosa si occupa?
Compagnia delle Foreste è una società privata che si occupa di editoria, comunicazione e innovazione in campo forestale e ambientale. Da quasi trent’anni produce “Sherwood – Foreste ed Alberi Oggi”, la principale rivista italiana rivolta al settore forestale e ambientale e nel tempo ha seguito tutti gli aspetti di comunicazione di tantissimi progetti, curando la realizzazione di pubblicazioni, siti web, video, podcast, organizzando eventi e attività di partecipazione. Siamo anche casa editrice: pubblichiamo libri e manuali a tema forestale che poi distribuiamo attraverso la nostra libreria online Ecoalleco, che raccoglie volumi anche di altri editori. Le nostre caratteristiche principali sono la passione per le foreste e la gestione forestale sostenibile, la flessibilità, che ci permette di svolgere attività molto diverse tra loro, e la propensione all’innovazione e al pensiero critico, elementi fondamentali di crescita non solo personale, ma anche collettiva.

2. Quali sono i temi che a tuo avviso vanno raccontati di più e per quale motivo?
Credo che al giorno d’oggi la priorità non sia più soltanto quella di avvicinare le persone al tema ambientale, di far accrescere loro la sensibilità verso la tutela della nostra “casa comune”: per fortuna, in questo periodo storico, c’è grande attenzione su questi aspetti, soprattutto tra i giovani. Perciò credo che a fianco della necessaria sensibilizzazione sulla tutela dell’ambiente sia oggi fondamentale educare alla complessità del rapporto tra esseri umani e risorse naturali. Per la nostra vita su questo pianeta necessitiamo di servizi ecosistemici derivanti dalle foreste: legno, ma anche acqua, prodotti selvatici, spazio per il tempo libero, protezione idrogeologica e tanto altro ancora. Per generare questi servizi occorre gestire attivamente il patrimonio forestale, che oggi copre quasi il 40% del territorio nazionale. Quando dico gestire intendo prima di tutto pianificare in modo partecipato: con una buona pianificazione, il più possibile condivisa, si riescono a tenere assieme, sullo stesso territorio, funzioni produttive ed efficaci attività di conservazione della natura. Troppo spesso queste due facce della stessa medaglia sono state raccontate come separate, antitetiche, e ciò ha generato incomprensioni e aspri conflitti. Sono convinto che un equilibrio sia possibile… e che per raccontare questo equilibrio una buona comunicazione sia fondamentale!

3. Cosa significa salvaguardare le foreste in Italia oggi?
Ci sono vari livelli da analizzare. Dal punto di vista della superficie forestale il nostro Paese assiste ormai da un secolo ad una costante avanzata del bosco, che è praticamente raddoppiato rispetto alla fine dell’800. Questo è un dato estremamente positivo, che tuttavia non può essere esaminato singolarmente. Occorre anche osservare lo stato di conservazione e di salute di questa enorme superficie (11 milioni di ettari). Anche dal punto di vista della tutela ambientale i numeri sono molto positivi: il 35% circa delle foreste italiane ricade in Parchi nazionali, regionali o nella Rete Natura 2000 e le foreste italiane sono indubbiamente tra le più protette d’Europa. Dal punto di vista gestionale, invece, sussistono indubbiamente alcuni problemi: solo il 15-20% della superficie forestale è pianificata; la proprietà forestale, soprattutto in alcuni ambiti, è estremamente frammentata; molte superfici versano in stato di totale abbandono, generando situazioni ad alto rischio, ad esempio per quanto riguarda gli incendi. Inoltre, in molte aree del nostro Paese, soprattutto lungo l’Appennino, domina una gestione semplificata, che porta oggi alla sola produzione di assortimenti energetici (legna da ardere soprattutto) senza un auspicabile “approccio a cascata”. Questo non è un male a prescindere: l’energia è un bene primario e quella rinnovabile è fondamentale nel percorso di transizione ecologica; la produzione di legna da ardere e cippato rappresenta quindi un servizio fondamentale per molte famiglie che, in alternativa, utilizzerebbero per scaldarsi fonti fossili di energia, come il gasolio. La gestione a ceduo ha inoltre il pregio di essere semplice, alla portata di tutti, e di garantire rapidamente la rinnovazione del bosco, generando reddito costante a proprietari e imprese. Tuttavia, anche in queste aree sarebbe auspicabile, ove possibile, incrementare una gestione maggiormente diversificata e complessa, che veda i boschi cedui più intramezzati, rispetto ad ora, a fustaie e a forme di governo misto. Questo porterebbe benefici economici, grazie alla produzione di legname di maggior pregio e alla possibile attivazione di filiere locali del legno da opera, ma anche benefici paesaggistici e ambientali. Un altro punto critico è la suscettibilità di molti dei nostri boschi alle conseguenze della crisi climatica, che determina disturbi naturali sempre più intensi e frequenti. Anche su questo caso occorre lavorare da subito per portare le foreste a strutture più resilienti.

Per fare tutto ciò serve pianificare e poi gestire attivamente, occorre quindi far tornare le foreste al centro di politiche lungimiranti, che prevedano molto più di ora forme di incentivazione della pianificazione e della selvicoltura… anche in questo caso la comunicazione e l’informazione possono giocare un ruolo fondamentale.

4. Compagnia delle Foreste ha prodotto anche un podcast intitolato “Vaia”: cosa ha rappresentato quella tempesta per te e per le foreste italiane?
La tempesta Vaia ha indubbiamente determinato un prima e un dopo. Quell’evento così impattante dal punto di vista ambientale, economico e sociale, ci ha mostrato chiaramente due cose: che la crisi climatica esiste e che le nostre foreste, in molti casi, sono ancora troppo semplificate e quindi poco resilienti ad eventi di questo genere. Ha inoltre mostrato, sotto gli occhi di tutti, alcune problematiche strutturali del nostro settore, come ad esempio la mancanza di un numero adeguato di segherie e di filiere locali del legno. Oggi l’infestazione di bostrico (un coleottero scolitide), conseguente alla tempesta ma anche ad annate sempre più calde e secche, sta mandando in crisi la specie forestale più importante delle Alpi, l’abete rosso. Tutto questo deve spingerci, mi ripeto, ad investire molto più che in passato sulle foreste e sulla loro gestione attiva, sulle imprese della filiera e sui proprietari di boschi: solo così potremo iniziare davvero un cammino collettivo verso il grande, meraviglioso macro-obiettivo della Strategia Forestale Nazionale: “Portare il Paese ad avere foreste estese e resilienti, ricche di biodiversità, capaci di contribuire alle azioni di mitigazione e adattamento alla crisi climatica, offrendo benefici ecologici, sociali ed economici per le comunità rurali e montane, per i cittadini di oggi e per le prossime generazioni”. La tempesta Vaia prima e oggi il bostrico ci obbligano a procedere rapidi verso questa direzione: la politica dovrebbe capirlo e agire di conseguenza.

Per quanto riguarda nello specifico la comunicazione devo dire che Vaia è stata una vera e propria occasione: da quell’evento in poi sempre più persone si sono interessate alle foreste, che sono improvvisamente tornate sotto i riflettori, anche se purtroppo per un evento negativo. Narrare la tempesta, le sue cause e le conseguenze del suo passaggio, ma soprattutto le sue “lezioni”, ci è sembrato il modo migliore per cogliere questa occasione e dare il nostro contributo per incamminarci verso il futuro con una nuova consapevolezza.

5. Voi producete anche molti video. Tu in particolare hai curato la realizzazione del video “La scrivania di larice”, all’interno del progetto USEFOL, girato con dei giovanissimi attori di una scuola di teatro. Che esperienza è stata?
È stata un’esperienza fantastica, perché, per la prima volta, abbiamo lavorato insieme a ragazze e ragazzi giovanissimi, che sono stati attori di un video, è vero, ma in fondo anche protagonisti di un piccolo-grande percorso formativo che spero li abbia incuriositi e arricchiti. Abbiamo immaginato una storia semplice, ma crediamo efficace, per raccontare quel “mondo nascosto” che sta dietro ogni oggetto di legno. Questa materia prima rinnovabile così importante per la transizione ecologica è ovunque attorno a noi, accompagna da sempre le nostre vite e lo dovrà fare sempre più in futuro, eppure non ci chiediamo mai da dove arriva; se il bosco d’origine è stato gestito bene, come avviene nella maggior parte dei casi in Italia, o se invece è stato cancellato, come purtroppo accade in altre aree del mondo. Porsi questa domanda significa entrare consapevolmente nella complessità del rapporto tra esseri umani e risorse naturali, che in fondo è il grande obiettivo della comunicazione di Compagnia delle Foreste verso il grande pubblico. Spero che questo video, che è liberamente disponibile su Youtube, venga utilizzato nelle scuole, come viatico per discutere, insieme a studentesse e studenti, di gestione forestale sostenibile. Un piccolo “assaggio” che può aprire le porte a percorsi importanti, oggi ancora troppo poco affrontati, per la formazione di ragazze e ragazzi.

6. Quale strumento comunicativo è il migliore oggi per arrivare ai giovani?
Questa è una domanda da un milione di dollari! È difficile rispondere perché i giovani oggi (ma in realtà tutti noi!) sono totalmente immersi nella comunicazione, da quando si svegliano a quando chiudono gli occhi per dormire. È una comunicazione molto variegata, estremamente diversa dal passato, che mischia strumenti, tecniche e stili. Per farvi un esempio, in un reel di Instagram c’è testo, ci sono inserti video ed elementi grafici, c’è musica, ci sono fotografie e link, il tutto condensato in una manciata di secondi e incastrato tra migliaia di altri contenuti che un algoritmo sceglie se farti o non farti vedere in base ai tuoi gusti e preferenze.

L’elemento cruciale rimane però sempre il solito: la curiosità. La chiave di volta è stimolarla attraverso contenuti semplici e accattivanti, ma non banali o forzatamente “piacioni”. Credo infatti che ragazze e ragazzi (a differenza di quanto noi adulti spesso pensiamo), nella maggior parte dei casi sappiano distinguere e siano attratti da chi tratta determinati temi di loro interesse con onestà intellettuale, senza eludere la complessità. Certi contenuti magari acchiappano meno like in generale, ma colpiscono persone veramente interessate agli argomenti, le quali saranno a loro volta invogliate a diffonderli e ad approfondirli.

Per quanto riguarda la comunicazione forestale il cammino è ancora lungo e in salita, il nostro settore non è molto propenso a narrarsi bene, anche se le cose stanno rapidamente cambiando grazie al ricambio generazionale. Sempre più spesso osservo con felicità la nascita di nuove pagine e profili sui social che trattano in modo accurato di foreste, alberi, ambiente e clima. E sempre più spesso a noi di Compagnia delle Foreste arrivano richieste di accompagnare, attraverso attività di comunicazione, progetti e attività, anche molto tecniche, che prima non contemplavano questa necessità. Sono segnali positivi che mi fanno essere ottimista. Forse stiamo iniziando davvero a capire che le foreste, oggi, interessano potenzialmente a tutti e che noi che vi lavoriamo siamo “osservati speciali” da parte di tantissime persone. Non dobbiamo più “chiuderci a riccio”, arroccarci al nostro essere esperti, ma aprirci alle nuove sensibilità e alle legittime domande della società, raccontando in ogni forma possibile che il nostro lavoro è fondamentale per l’equilibrio tra economia, ecologia e società: i tre pilastri del concetto di sostenibilità su cui si deve basare il futuro. Per poter fare questo con onestà, ovviamente, dobbiamo anche continuamente metterci in discussione, ascoltando cosa ci dice la scienza e abbracciando l’innovazione. Questo rinnovato atteggiamento di apertura, a mio parere, sarà un ingrediente chiave della futura comunicazione del nostro settore.

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