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Manifesto per una selvicoltura più vicina alla Natura

Manifesto per una selvicoltura più vicina alla Natura

Il 21 marzo è la giornata internazionale delle foreste e FIPER ha voluto dedicare una newsletter speciale a questa giornata, promuovendo la diffusione del “Manifesto per una selvicoltura più vicina alla Natura”. Ce ne parla Paolo Mori, di Compagnia delle Foreste.

1. Che cos’è Sherwood e di cosa si occupa?

Sherwood – Foreste ed Alberi Oggi nel 1995 era solo un periodico cartaceo di informazione forestale prodotto da Compagnia delle Foreste. Con il passare degli anni però il sistema di informazione, aggiornamento e comunicazione intorno alla rivista si è molto diversificato, al punto che oggi può essere considerato una sorta di “ecosistema multimediale”. I vari prodotti che sono stati sviluppati attorno alla rivista, infatti, comunicano tra di loro e con la rivista stessa, creando scambi e sinergie che rendono Sherwood un sistema capace di usare la carta, il digitale e la comunicazione personale, intrecciando articoli cartacei, newsletter, sito web, video, podcast, seminari, convegni, social, webinar e altro ancora.

I temi che trattiamo si riferiscono a tutto ciò che concerne alberi e foreste; non tanto e non solo per quanto riguarda la loro conoscenza scientifica, ma anche per le tecniche e le strategie di gestione che la specie umana può mettere in campo per trarne beneficio per le generazioni presenti e future.

2. Quando e perché nasce l’esigenza di un Manifesto per una selvicoltura più vicina alla natura?

Negli ultimi anni in Italia sono stati fatti molti passi in avanti nei campi della governance, della normativa, della raccolta dati, della comunicazione, dell’associazionismo e dello sviluppo di filiere nazionali del legno. Manca tuttavia un adeguamento dell’operatività quotidiana. Si percepisce una notevole distanza tra “selvicoltura predicata” nei documenti internazionali e nazionali, nei risultati delle attività di ricerca così come nelle pratiche innovative testate e proposte attraverso progetti europei e “selvicoltura praticata” nella gestione ordinaria del patrimonio forestale.

Non è una novità di questi anni il ritardo della selvicoltura praticata rispetto a quella predicata. È normale che tra la conoscenza più avanzata e quella che poi viene tradotta in azioni sul territorio ci sia una certa distanza. Il fatto che ci ha spinto a produrre il Manifesto è la diffusa mancanza di una cultura dell’aggiornamento costante degli attori della gestione forestale. Senza un sistema che promuova e si organizzi per un costante aggiornamento culturale, l’operatività non ha la capacità di recepire l’innovazione, trasformarla in possibilità di agire e quindi di adattarsi ai nuovi bisogni delle persone, delle associazioni, delle imprese e… ai nuovi scenari climatici e ambientali.

La selvicoltura che viene praticata nel patrimonio forestale italiano non dipende da una sola categoria di operatori, ma da un ampio insieme di soggetti che devono lavorare insieme; ognuno con il proprio ruolo e le proprie competenze. Si parte da chi forma tecnici e operatori per passare ai legislatori, ai tecnici pubblici, ai liberi professionisti, agli imprenditori, agli addetti al controllo fino a chi si occupa di monitoraggio, informazione e comunicazione. Tutti devono avere la cultura dell’aggiornamento e la capacità di tradurla in scelte coerenti e consapevoli, finalizzate a soddisfare, con il minor impatto possibile sull’ambiente, le esigenze di ogni categoria di persone. Se anche una sola categoria non si aggiorna culturalmente, tutte le altre ne subiranno le conseguenze e il sistema non sarà in grado di progredire.

Partendo da queste considerazioni e prendendo spunto dall’invito dell’Unione Europea ad applicare le Linee Guida per una gestione forestale “più vicina alla Natura”, si è proposto un Manifesto che indica 10 ambiti in cui è necessario intervenire culturalmente per avere, come conseguenza, una selvicoltura praticata quanto più possibile vicina sia alle nuove conoscenze acquisite, sia alle nuove esigenze espresse dalla società.

3. Come si è evoluta la selvicoltura in Italia dal dopoguerra ad oggi?

Questo è un tema troppo ampio per riuscire a rispondere esaurientemente con la sintesi che richiede un’intervista. Quello che si può affermare è che c’è sicuramente stata un’evoluzione; più in area alpina che in area appenninica. L’evoluzione però è stata generalmente modesta e, se si escludono poche regioni un po’ più avanzate, è stata molto più lenta di quanto invece sia stata rapida la richiesta di nuovi servizi da parte della società che si rivolge al bosco per soddisfare proprie esigenze materiali e/o immateriali. Gli studiosi e i tecnici che hanno redatto i documenti internazionali e nazionali di indirizzo della gestione del bosco hanno recepito il mutare delle condizioni socio-economiche in atto. Chi opera sul territorio però, spesso, non ha gli strumenti normativi, tecnici o finanziari per adeguarsi in tempi sufficientemente rapidi. Ecco perché serve stimolare l’attenzione sullo scollamento tra selvicoltura “predicata” e selvicoltura “praticata”.

4. Il Manifesto parla di una nuova selvi-cultura. Cosa dovrebbe cambiare in Italia per fare un passo avanti nella direzione auspicata dalla Commissione Europea?

Il Consiglio Editoriale e la Redazione della rivista “Sherwood – Foreste ed Alberi oggi”, così come i 21 importanti soggetti del mondo forestale e ambientale che hanno sottoscritto il Manifesto, hanno ritenuto che, per promuovere una gestione forestale “più vicina alla Natura”, innovativa e capace di generare servizi ecosistemici impattando il meno possibile su habitat, specie, suolo e paesaggio, occorra incrementare la qualità degli interventi selvicolturali, e per ottenere ciò dovranno crescere le conoscenze e le sensibilità di tutti gli attori che operano in questo ambito specifico. In altri termini se si è veramente determinati ad avvicinarsi a tali obiettivi, anche nella pratica e non solo nei documenti d’intenti, è necessario avere più “selvi-CULTURA”. Solo dopo sarà possibile agire con coerenza e, auspicabilmente, in sinergia, per modificare norme, procedure, competenze, operatività e controllo, così da avvicinare ciò che si auspica a ciò che realmente si fa sul territorio.

5. Quali sono i punti più importanti del Manifesto?

Il manifesto individua 10 ambiti in cui dovrebbero esserci dei cambiamenti affinché la distanza tra selvicoltura “predicata” e selvicoltura “praticata” sono:

La ricerca in selvicoltura e gestione forestale per le quali l’Italia investe poco e quel poco in lavori specifici, locali e di breve durata, mentre mancano studi ampi e di lungo periodo.

La pianificazione che dall’ultimo Rapporto sullo stato delle Foreste italiano (RaF Italia 2017-2018) risulta effettuata solo sul 18% della superficie nazionale e non sempre applicata.

La progettazione degli interventi in bosco che in una consistente parte delle foreste, soprattutto appenniniche, è lasciata in mano alle sole imprese boschive invece che affidata a tecnici forestali.

La normativa di Regioni e Province Autonome che, oltre a recepire e incentivare ciò che è auspicato nel punto precedente, è necessario sia capace di recepire le mutate esigenze socio-economiche così come le innovazioni portate dalla ricerca e dalla sperimentazione.

La formazione dei tecnici, che dovrebbe non solo recepire e trasferire agli studenti tutte le più recenti innovazioni in questa materia, avvalendosi anche di collaborazioni con esponenti del mondo professionale, ma dovrebbe continuare con un regolare aggiornamento nell’arco di tutta la vita lavorativa. 

La politica nazionale e locale, che può sostenere una selvicoltura più vicina alla Natura attraverso finanziamenti, sgravi e aiuti mirati, per permettere di realizzare gli interventi selvicolturali necessari anche laddove la redditività è bassa o nulla.

Le filiere dei prodotti e dei servizi ecosistemici, che possono sostenere una selvicoltura più vicina alla natura sia attraverso la valorizzazione degli assortimenti legnosi più adatti alla produzione di manufatti durevoli, in una logica di “approccio s cascata”, sia attraverso lo sviluppo di nuovi e più ampi mercati per i servizi che il mercato è disposto a pagare.

Il controllo che, per nuove forme di gestione più vicina alla natura, ha la necessità aggiornarsi periodicamente, in modo da evitare un approccio unicamente repressivo e rigidamente ancorato alle forme tradizionali e da avvicinarsi anche a forme di accompagnamento degli addetti ai lavori verso interventi selvicolturali più in linea con le innovazioni prodotte da ricerca e sperimentazione.

Le imprese e gli operatori forestali per i quali, dopo il progetto nazionale For-Italy, incentrato soprattutto su sicurezza e operatività. occorre continuare a investire in una formazione che punti anche a far conoscere il valore ecologico, sociale e culturale dei boschi, ill funzionamento delle filiere forestali e quello dei servizi ecosistemici, così come le normative di riferimento.

La comunicazione per la quale la selvicoltura deve entrare sempre più spesso all’interno di una nuova narrazione del bosco, lontana da stereotipi e inutili retoriche, ma piuttosto in un’ottica di sostenibilità ecologica, sociale, economica e di mitigazione e adattamento alla crisi climatica.    

6. Il Manifesto è stato sottoscritto da diverse realtà del settore. Ora cosa succede? Quale percorso e quale strategia avete immaginato per diffonderne i contenuti e farli diventare realtà?

Ci aspettiamo che la condivisione da parte di tanti soggetti importanti li veda partecipi e impegnati a diffonderlo verso i propri referenti e i soggetti che hanno realmente la possibilità di cambiare anche solo una piccola parte di quanto auspicato nel Manifesto. Dal 21 di marzo, giornata mondiale delle foreste, sarà reso pubblico e aperto non solo ad eventuali altre sottoscrizioni, ma anche a correzioni e integrazioni che valuteremo assieme a tutti i sottoscrittori.

Contiamo entro giugno di chiudere questa fase e di invitare chi condivide il manifesto a passare dalla sottoscrizione a all’“adozione”. In altre parole, vorremmo che ognuno, per la sue parte, si impegnasse a dare seguito ad almeno uno dei 10 punti di cui è composto il Manifesto. Noi di Compagnia delle Foreste, attraverso tutto l’ecosistema di strumenti media connessi a “Sherwood – Foreste ed Alberi Oggi” ci impegneremo sicuramente a sviluppare il punto sulla comunicazione, cercando la collaborazione e la sinergia con quanti si occupano di questo tema.

Non ci aspettiamo cambiamenti rapidi, ma con la pazienza di chi gestisce gli ecosistemi forestali, lavoreremo per un lento ma costante avvicinamento delle pratiche selvicolturali, e più in generale della gestione forestale, alle dinamiche naturali.

Per consultare il Manifesto:

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