Relazione del Presidente Righini all’assemblea nazionale FIPER

Cari Associati,

È un piacere poterci nuovamente incontrare, dopo due anni di video conferenze, di nuovo di persona, qui a Bolzano, oggi nella sede di SEV e domani nella cornice del NOITech Park, esempio di recupero virtuoso di un’area industriale, oggi sede di corsi universitari, start up e imprese che hanno nel core business la ricerca sulla sostenibilità ambientale.

Mi sento dunque di ringraziare SEV, il suo Presidente Hanspeter Fuchs e tutto il suo staff, per l’indicazione di queste location e per il prezioso supporto nell’organizzazione dell’assemblea di oggi e del Convegno di domani.

Quella di oggi è la terza Assemblea FIPER che si tiene in Alto Adige dopo quella dell’ottobre del 2005 a Dobbiaco e quella del marzo 2009 a La Villa. 

Quest’anno abbiamo vissuto mesi davvero difficili.

Dopo la pandemia, l’anno 2022 avrebbe dovuto essere l’anno della rinascita del nostro Paese e invece è drammaticamente iniziato con la guerra russa in Ucraina e tutte le terribili conseguenze di morti, feriti e distruzione di interi paesi e città.

Le conseguenze per noi e nel nostro settore sono state le impennate dei costi delle bollette energetiche di imprese e famiglie dovuto in particolare all’incremento di prezzo delle fonti fossili (in primis il gas metano importato dalla Russia per circa il 50% del fabbisogno nazionale) e il complicato lavoro diplomatico sul piano nazionale ed europeo per contrastare queste conseguenze potenzialmente nefaste per la nostra economia.

Il tema della sicurezza energetica è quindi balzato alle vette delle priorità del Governo – fatto testimoniato anche dalla nascita di un apposito ministero – e sono entrati nel dibattito pubblico, diventando di uso comune, locuzioni quali “mix energetico”, “approvvigionamento energetico”, “transizione energetica”.

In aggiunta quindi al ruolo già riconosciuto dal PNRR alla svolta ecologica nel modello di sviluppo del Paese, si è aperto uno spazio di visibilità importante per tutte le fonti energetiche rinnovabili, oltre che uno spazio concreto di finanziamento per i progetti che le riguardano.

Lo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato questi concetti nel suo tradizionale discorso del 31 dicembre: “[…] L’energia è ciò che permette alle nostre società di vivere e progredire. Il complesso lavoro che occorre per passare dalle fonti tradizionali, inquinanti e dannose per salute e ambiente, alle energie rinnovabili, rappresenta la nuova frontiera dei nostri sistemi economici. […]”.

A più di un anno dallo scoppio del conflitto, tutti questi temi sono ancora sul tavolo e, ancor oggi, la guerra non sembra essere vicina a una tregua o ad una soluzione diplomatica.

Le conseguenze economiche su popolazione e imprese del caro energia sono state importanti; i clienti allacciati alle reti di teleriscaldamento a biomassa sono forse gli unici a non aver subito il rincaro della bolletta per il riscaldamento in questa stagione invernale, o ad aver subito incrementi minimi, del 5-10%, a differenza di chi si riscalda con il gas con aumenti tariffari anche oltre il 100% con l’inevitabile conseguenza di numerose lamentele da parte di utenti allacciati a reti di teleriscaldamento alimentate a gas fatte pervenire ad Arera, la quale, su incarico del Governo, ha avviato una indagine conoscitiva  sull’evoluzione dei prezzi e dei costi del servizio del teleriscaldamento, indagine chiusasi con la deliberazione del 2/11/2022 di cui abbiamo provveduto ad informare tutti gli Associati. 

Allo scoppio del conflitto FIPER aveva lanciato tra i suoi associati una campagna di raccolta fondi a favore dei bambini ucraini che ha permesso di raccogliere in tutto 13.375,00 euro, che ora siamo pronti a donare.

 All’assemblea chiedo di aiutarci a scegliere un soggetto a cui erogare il nostro contributo, tra due che abbiamo individuato, molto diversi per dimensioni e forma giuridica: UNCHR, l’alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, senza dubbio garanzia di serietà e trasparenza, oppure l’Associazione Sole Terre, in cui un medico italiano, Roberto Brambilla di Vimercate, sta facendo, dall’inizio del conflitto,  la spola tra Italia e Ucraina per operare i feriti di guerra (tra i quali,

purtroppo, troppi bambini) e insegnare a medici e infermieri ucraini le più avanzate tecniche chirurgiche per la cura delle ferite.

In seguito alle indicazioni che l’assemblea vorrà adottare, procederemo all’erogazione del contributo, tenendovi aggiornati in merito.

Ritornando all’analisi del mercato energetico, il 2022 è stato un anno particolare sul fronte delle fonti rinnovabili.

La crisi energetica, iniziata prima del conflitto ucraino ma da questo acuita, ha spinto molti operatori ed enti pubblici a rivolgersi a FIPER per ottenere pareri in merito alla realizzazione di nuovi impianti e/o alla trasformazione di quelli esistenti da sistemi alimentati a gas verso sistemi a fonti rinnovabili e in particolare a biomasse legnose.

Nel 2022 è stato costantemente intrapreso un intenso lavoro di lobby nazionale ed europea, di monitoraggio legislativo e proposta di modifica e miglioramento dei testi normativi sul piano regionale, nazionale e sovranazionale.

Quest’attività è stata condotta grazie alla collaborazione instauratasi con altre associazioni italiane del settore delle energie rinnovabili e alla partecipazione di FIPER all’interno dell’associazione europea Bioenergy Europe, nel cui direttivo è stata riconfermata lo scorso giugno la nostra dott.ssa Vanessa Gallo.

FIPER ha sempre partecipato attivamente al gruppo di lavoro sull’advocacy e sulla sostenibilità promossi da Bioenergy EU.

Questo intenso lavoro ha avuto un importante riconoscimento un mese fa, quando il trilogo (Parlamento, Consiglio e Commissione) dell’Unione Europea ha recepito, all’interno del processo di revisione della direttiva RED III, buona parte delle osservazioni prodotte dal lavoro congiunto all’interno di queste reti nazionali ed europee, volte a preservare la sostenibilità della filiera bosco-legno-energia e dell’uso a cascata delle biomasse legnose, messe in serio pericolo dalle prime formulazioni della direttiva come proposte in particolare dai Paesi del Nord Europa.

Sul piano della relazione con le istituzioni nazionali, FIPER ha partecipato attivamente a diversi tavoli e incontri istituzionali dedicati, non facendo mai mancare la propria voce a supporto del settore ed anche con numerosi Comunicati Stampa grazie anche alla nuova collaborazione avviata con la Dott.sa Margherita Brambilla, responsabile anche della comunicazione.

Possiamo solo accennare alle tante azioni portate avanti in quest’ambito: abbiamo preso parte a:

  • Gruppo di lavoro sulla filiera del legno del Ministero dell’Agricoltura;
  • Gruppo di Lavoro sulla sostenibilità delle biomasse e sulle garanzie di origine in recepimento della Direttiva RED 2 del Ministero dell’Ambiente;
  • Gruppo di Lavoro sulla misura del PNRR dedicata alla promozione di sistemi di teleriscaldamento efficiente del Ministero dell’Ambiente.
  • Gruppo di Lavoro Regolazione del teleriscaldamento promosso dall’Autorità per l’Energia, Reti e Ambiente.

Quest’ultimo aspetto merita un’attenzione particolare in riferimento all’indagine conoscitiva avviata da ARERA sulla definizione dei prezzi delle tariffe del teleriscaldamento. La posizione di FIPER in linea con la stragrande maggioranza dei Paesi europei riconosce il servizio di teleriscaldamento quale servizio che opera sul libero mercato e quindi in concorrenza con gli altri vettori energetici presenti sui territori montani e le aree interne (gasolio, pellet, legna, gpl). Un cliente allacciato ad una rete di teleriscaldamento a biomassa ha sempre la possibilità di optare per altra tipologia di riscaldamento qualora la ritenga più efficiente ed economica. Pertanto, la definizione della tariffa da parte di ARERA si rivela nella quotidianità del gestore un ulteriore aggravio amministrativo da adempiere.

 I vari gruppi di lavoro stati momenti di confronto importanti in cui FIPER ha avanzato e condiviso le istanze delle imprese associate per favorire fattivamente la filiera bosco-legno-energia.

Si è consolidata l’interazione con il GSE soprattutto per la messa in atto operativa dell’extrapower

A livello regionale, FIPER ha preso parte ad un convegno e ad un incontro formale con il Presidente Fedriga di Regione Friuli-Venezia Giulia per far fronte all’emergenza energetica e al caro bollette e a Gecko Fest 2022 in Umbria sulla Transizione Ecologica organizzato dal Prof. Franco Cotana dell’Università di Perugia, domani relatore al nostro Convegno. Ha inoltre partecipato attivamente al gruppo di lavoro di Regione Lombardia nell’ambito del PREAC.

Nel corso del 2022 è risultato prioritario e fondamentale unire le forze tra le diverse associazioni rappresentanti le biomasse legnose sul territorio nazionale per essere più incisivi nel negoziato europeo sulla Red 3.

Prodotto di questo lavoro sono stati:

  • a novembre l’appello congiunto di Fiper, Aiel, EBS, Elettricità Futura al Ministro Pichetto Fratin affinché si facesse portavoce in Consiglio europeo per l’abrogazione della definizione di biomassa legnosa primaria;
  • la lettera al ministro Lollobrigida per l’importanza della filiera bosco-energia nella messa in atto della Strategia Forestale Nazionale;
  • in apertura d’anno 2023 l’invito a intervenire rivolto al Commissario Gentiloni sempre sulla RED3, nella convinzione che fosse necessario creare una profonda consapevolezza sull’importanza della filiera biomassa-energia per l’economia dei territori montani e delle aree interne.

Un intenso lavoro coordinato e concertato tra le diverse associazioni per sensibilizzare il maggior numero di parlamentari, sottosegretari per salvaguardare e promuovere una fattiva gestione forestale sostenibile.

FIPER è anche prontamente intervenuta, segnalando all’Autorità per la Concorrenza una disparità di trattamento tra aziende del gas e delle biomasse (vedasi Valtellina, Trentino e Valle d’Aosta) ottenendo un totale riconoscimento delle proprie posizioni e contribuendo all’abbandono del progetto di metanizzazione dell’ Alta Valtellina da parte di F2I, fattore che ha di fatto ha aperto le porte al progetto di teleriscaldamento a biomasse legnose dei comuni di Tovo S. Agata, Mazzo di Valtellina e Lovero.

Così, a metà anno 2022, i tre comuni di Tovo, Mazzo e Lovero hanno rotto gli indugi proprio in seguito alla crisi del gas e al conseguente fallimento del progetto di metanizzazione della valle, scegliendo dunque di aderire al progetto europeo BeCOOP e di avviare uno studio di prefattibilità per la realizzazione di un nuovo impianto a biomasse legnose per i loro cittadini e favorendo lo sviluppo delle imprese boschive del territorio ed utilizzando anche gli scarti agricoli dei meleti e vigneti presenti nel territorio.

Grazie alle attività previste e finanziate dal progetto BeCOOP, FIPER ha potuto supportare questi tre comuni  accompagnandoli, grazie anche alla collaborazione con il Politecnico di Milano, in un percorso complicato di analisi dei bisogni e delle potenzialità del territorio, verso una scelta coraggiosa, ma senza dubbio lungimirante, che ora potrebbe entrare nella fase decisiva.

FIPER si è dimostrata un partner di ottimo livello in questo progetto, giocando un ruolo da protagonista in ogni sua fase, dimostrando serietà e professionalità, riconosciutale dai diversi partners, dal coordinatore di progetto e dal valutatore della Commissione Europea nelle riunioni di valutazione e monitoraggio del progetto BeCOOP, due delle quali sono state organizzate proprio da FIPER, a settembre 2022 in Valtellina e a marzo 2023 in Alto Adige (quest’ultima insieme a SEV).

Mi preme infine comunicarvi un altro risultato interessante.

Nel corso del 2022, in chiusura d’anno, FIPER ha avviato una collaborazione con il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali (ESP) dell’Università di Milano, relazione che va ad aggiungersi alle collaborazioni già in essere con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (DISAFA) dell’Università di Torino e al Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università di Milano sul progetto di Regione Lombardia Usefol, focalizzato sullo sviluppo di sistemi innovativi per la valutazione della fornitura di servizi ecosistemici nelle foreste lombarde, e a quella con il Politecnico di Milano per il progetto BeCOOP.

La scelta di FIPER di intensificare il lavoro con le Università si è concretizzata in una serie di lezioni specifiche sulle bioenergie e le biomasse e sul teleriscaldamento tenute dalla Dott.ssa Vanessa Gallo e dalla Prof.ssa Paola Caputo agli studenti di diversi corsi di studio e ha una doppia ragione d’essere: ci permette da un lato di presidiare da vicino le punte più avanzate della ricerca accademico-scientifica nel nostro comparto, dall’altro di entrare in contatto diretto con giovani studenti, che si sono dimostrati molto sensibili e attenti alle tematiche riguardanti le energie rinnovabili e che nel giro di pochi anni diventeranno imprenditori, operatori o professionisti nel nostro settore e di aprire a loro un mondo di conoscenze, quelle della filiera bosco-legno-energia, spesso poco trattato anche dai corsi universitari.

Nel prossimo anno intendiamo proseguire a lavorare sui progetti e con l’intensità di cui vi ho parlato fino ad ora.

Con l’uscita di CMA da Fiper, comunicataci a settembre 2022, FIPER non rappresenterà più impianti di produzione di biogas e potrà dedicarsi in modo più specifico e dettagliato al comparto delle biomasse legnose.

Proprio per questo abbiamo pensato e avviato una campagna di acquisizione nuovi soci, contattando sia operatori di filiera sia gestori di impianti di teleriscaldamento che ancora non sono nostri associati, invitandoli ad entrare in FIPER. Questa campagna, di cui abbiamo messo il materiale in cartellina, ha già prodotto alcune nuove richieste di adesioni; ci auguriamo che nei prossimi mesi altre possano seguire, andando ad aumentare la rappresentatività di FIPER .

Non solo: nel corso dell’Assemblea avremo modo di presentare proposte di intervento della Federazione per il prossimo triennio in linea con l’orientamento europeo segnato dagli obiettivi 2050.

Investire sulla rete e partnership a livello nazionale ed europeo è la strada maestra per incidere maggiormente e farsi portavoce della filiera bosco-legno-energia, quale strumento di sviluppo locale e soprattutto di presidio e gestione del territorio.

Infine, come già discusso in precedenti incontri, per rendere più rispondente alle esigenze attuali ed alle necessità operative future, Vi proponiamo, nel corso della odierna assemblea la trasformazione di FIPER da Associazione non Riconosciuta a Fondazione di Partecipazione – Ente del Terzo Settore (ETS) con conseguente adozione di nuovo testo di Statuto e con conseguente richiesta di iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS). 

Come negli anni passati, in conclusione, desidero esprimere i più sentiti ringraziamenti a tutti i membri del Consiglio, ai Collaboratori ed agli Associati per la collaborazione prestata.

Ricordo, infine che nella prossima assemblea annuale 2024 si dovrà provvedere al rinnovo delle cariche sociali di FIPER Ets ed invito quindi, chi interessato, a presentare le proprie candidature.

Resilienza oggi: impariamo dal bosco

Le foreste hanno grandi risorse e capacità di rigenerarsi. A noi il compito di sostenere queste energie e di proteggere i nostri boschi, coltivandoli e pianificando in modo coordinato il loro sviluppo, per avere foreste giovani e forti. Ne abbiamo parlato con il prof. Giorgio Vacchiano – Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali – Produzione, Territorio, Agroenergia – Università degli Studi di Milano

1. Spesso si parla di resilienza per far fronte a questa fase storica turbolenta. Quale insegnamento possiamo trarre dall’ambiente forestale?

Le foreste sono sistemi complessi e interconnessi in cui ogni componente ha un ruolo importante nella salute generale. Ciò significa che quando una parte dell’ecosistema viene danneggiata, le altre parti cercano di adattarsi e compensare il danno. Questo ci insegna l’importanza di costruire una rete di supporto e di interdipendenza nelle nostre comunità, in modo da poter resistere e superare le difficoltà insieme.

In secondo luogo, le foreste hanno la capacità di rigenerarsi e adattarsi alle condizioni mutevoli dell’ambiente. Dopo un incendio, per esempio, l’ecosistema può rigenerarsi a partire dai semi dispersi dalle piante più resistenti o dai ricacci di quelle in grado di germogliare dal proprio ceppo danneggiato, Questo ci insegna che, anche quando le cose sembrano senza speranza, c’è sempre la possibilità di ricostruire e di adattarsi alle nuove circostanze.

Inoltre, le foreste sono in grado di mantenere l’equilibrio e la stabilità attraverso la diversità biologica e la cooperazione tra le specie. Più un ecosistema è ricco di specie e relazioni, più ha la capacità di resistere e reagire alle pressioni esterne, climatiche o di altro tipo. Questo perché una grande diversità di specie e di interazioni tra queste specie crea una rete di relazioni che sostiene l’ecosistema nel suo insieme. Con una grande diversità di specie, ci sono maggiori possibilità che alcune di esse siano in grado di adattarsi a nuove condizioni ambientali, come il cambiamento climatico o le specie invasive, fornendo anche servizi ecosistemici essenziali per la vita umana.

Infine, le foreste ci insegnano che la prevenzione è fondamentale per la resilienza. Se le foreste sono gestite in modo sostenibile e esperto, è possibile prevenire o i danni da incendi, siccità o tempeste di vento, o aumentare la velocità di ripresa del bosco dopo questi eventi. Questo ci insegna che la preparazione e la prevenzione sono fondamentali per mitigare gli effetti negativi delle crisi.

In sintesi, l’ambiente forestale ci insegna che la resilienza dipende dalla costruzione di una rete di supporto, dalla capacità di adattarsi alle nuove circostanze, dalla promozione della diversità e della cooperazione e dalla prevenzione. Questi insegnamenti possono essere applicati per far fronte alle sfide attuali e costruire comunità più resilienti.

 

2. Le foreste forniscono servizi ecosistemici essenziali per il benessere umano: produzione di materia prima rinnovabile, regolazione del clima e della biodiversità, mitigazione del cambiamento climatico e dei pericoli idrogeologici. Quali azioni ritiene prioritarie perché si possa rimettere al centro la gestione forestale quale incubatore di crescita e reddito per l’economia italiana?

Innanzi tutto, è importante investire nella gestione sostenibile delle foreste: la gestione forestale sostenibile è fondamentale per garantire la conservazione della biodiversità e degli ecosistemi forestali. Ciò include pratiche di gestione forestale che mantengono la salute dell’ecosistema, prevenendo le infestazioni di insetti, i danni climatici malattie e gli incendi, e promuovendo la rinnovazione naturale della foresta.

Serve inoltre investire in tecnologie innovative per la gestione forestale: l’utilizzo della selvicoltura di precisione, resa possibile dai sistemi di monitoraggio satellitare o dai modelli computerizzati di simulazione delle dinamiche forestali,  può supportare una pianificazione forestale più estesa ed efficace in un clima che cambia.

Dal punto di vista dell’offerta, gli investimenti richiedono di risolvere alcuni problemi strutturali della filiera forestale: stimolare l’aggregazione fondiaria, migliorare la viabilità e l’accessibilità ai boschi, aumentare il grado di formazione e innovazione tecnologica delle imprese forestali, stimolare i settori economici della prima trasformazione (le segherie) e dei vivai, migliorare e aggregare l’offerta di legname da opera nazionale (contratti di filiera, piattaforme di vendita del legno, concessioni multiannuali di gestione in proprietà pubbliche), qualificare l’offerta mediante la certificazione di gestione forestale sostenibile.

Dal punto di vista della domanda, è necessario rafforzare il lavoro di comunicazione nei confronti dei cittadini e dei consumatori, per diffondere una maggiore attenzione verso la sostenibilità dei prodotti legnosi e energetici acquistati, che include una maggiore valorizzazione del legno di provenienza domestica e una più intensa percezione dell’importanza dell’origine del prodotto forestale e del lavoro necessario a trasformarlo.

Nei confronti dei proprietari ritengo necessario un impegno culturale e tecnico per diffondere la consapevolezza dell’importanza climatica e occupazionale di un uso del legno a cascata, destinando alla produzione energetica solo gli scarti o i residui di lavorazione. 

È necessario promuovere la diversificazione economica: le foreste possono fornire una varietà di prodotti e servizi oltre alla produzione di legname, come i funghi e gli altri prodotti non legnosi, il turismo ecosostenibile e la terapia forestale, le attività ricreative, la protezione dal dissesto e l’assorbimento di carbonio. Riconoscendo ai gestori il giusto valore economico per tutte queste funzioni, troppo spesso ancora date per scontate, le foreste possono diventare un’importante fonte di reddito per le comunità locali e per l’economia nazionale.

Infine, è necessario rafforzare la cooperazione tra le parti interessate: la pianificazione forestale sostenibile deve essere partecipata con i proprietari forestali, i gestori, le comunità locali, i residenti delle comunità rurali e urbane, i cittadini che esprimono vari interessi nei confronti della foresta, e le autorità pubbliche. Rafforzare la cooperazione tra queste parti interessate può migliorare la gestione forestale e prevenire eventuali conflitti.

 

3. può brevemente illustrarci i risultati ottenuti dal progetto Usefol promosso da Regione Lombardia riguardo i crediti di carbonio derivanti dalla gestione forestale sostenibile? In che modo incoraggerebbe i decisori pubblici a pianificare efficacemente la gestione sostenibile delle foreste pubbliche e private.

Gli obiettivi di USEFOL sono promuovere la gestione attiva e sostenibile del patrimonio forestale in Valle Camonica e Valtellina e lo sviluppo di filiere corte basate su un maggiore collegamento e sinergia tra il sistema produttivo e il sistema industriale di trasformazione.

Per tale motivo il progetto USEFOL sta realizzando realizzare un modello di calcolo, integrato con Sistemi Informativi Geografici e con i database disponibili in Regione Lombardia, per fornire informazioni a livello di singola particella forestale in termini di biomassa legnosa prelevabile e di carbonio stoccato, e degli effetti di diverse opzioni di gestione sul bosco, sul legno prodotto e sulla capacità di assorbimento del carbonio, tenendo conto dell’andamento climatico previsto per i prossimi anni.

Prevedere quanto carbonio “aggiuntivo” le foreste dei territori studiati possono immagazzinare come risultato di una gestione ben fatta, e stimare il suo valore economico per aziende interessate a completare il loro percorso si neutralizzazione delle emissioni, potrà darci un’idea di come una gestione dei boschi “climaticamente intelligente” possa generare valore economico e ambientale per tutta la comunità.

 

4. Cambiamento climatico e foreste alpine/appenniniche; che ruolo potrebbero giocare per mitigarlo, anziché subirlo?

In Italia le foreste assorbono oggi dal 5% al 9% delle emissioni annue di CO2. Una cifra modesta, dovuta alla quantità eccessiva di inquinamento climatico di cui siamo responsabili come Paese, ma che rischia addirittura di diminuire a causa degli stress climatici a cui le foreste stesse sono sottoposte (incendi, siccità, danni da vento e insetti). Esistono tuttavia azioni che possiamo intraprendere per diminuire le emissioni dovute a danni climatici e aumentare gli assorbimenti nelle foreste e nei loro prodotti:

Per prima cosa, si dovrebbe estendere la superficie interessata da piani di gestione forestale, l’unico strumento in grado di farci conoscere le caratteristiche dei boschi di un certo territorio, assegnare le rispettive “vocazioni”, prevedere le vulnerabilità e agire per prevenirle

È fondamentale investire in selvicoltura preventiva, cioè una gestione del bosco che renda la foresta meno vulnerabile ai danni climatici modificando, in modo compatibile con l’ambiente, la sua composizione e la sua struttura

Serve inoltre aumentare la durata dei prodotti in legno che ricaviamo dal bosco, in modo da mantenere la CO2 intrappolata a lungo al loro interno e usandoli anche per sostituire materiali più clima-impattanti come il cemento, l’acciaio o la plastica;

Inoltre, è importante utilizzare il legno per produrre energia secondo il principio dell’uso a cascata (solo scarti o residui) e monitorare e prevedere i possibili effetti del cambiamento climatico: il monitoraggio degli effetti del cambiamento climatico sulle foreste (cambiamenti nella crescita degli alberi, nella biodiversità forestale e nella suscettibilità agli incendi) può aiutare a identificare le azioni prioritarie da intraprendere per mitigare gli effetti negativi.

Infine, dobbiamo insistere nel promuovere la biodiversità e la connettività ecologica tra foreste, caratteristiche profondamente associate a una maggiore resistenza e resilienza agli eventi climatici estremi.

Società benefit: economia al servizio del territorio

Le società benefit sono già qualche migliaio in Italia, ma ancora in pochi sanno cosa sono e soprattutto conoscono le loro potenzialità nel settore delle comunità dell’energia. Ne abbiamo parlato con l’On. Mauro Del Barba, Presidente di Assobenefit – Associazione Nazionale per le Società Benefit.

1. Cos’è esattamente una società benefit? Tutte le aziende possono diventare società benefit?

Le Società Benefit sono le società del futuro, quelle sostenibili per DNA! L’Italia, come Stato sovrano, le ha introdotte per prima attraverso la Legge di Stabilità 2016, che definisce Società Benefit quelle società che nell’esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse. Mentre le società tradizionali perseguono l’unico scopo di profitto, le Società Benefit sono espressione di un paradigma diverso, caratterizzato dal cosiddetto double purpose, dal duplice scopo, includendo il benessere delle persone e dell’ambiente nel proprio operato, pur restando l’impresa for profit

Secondo la normativa, tutti i tipi societari previsti dal codice civile possono utilizzare il modello della Società Benefit modificando il proprio Atto costitutivo/Statuto e inserendo nell’oggetto sociale gli scopi di beneficio comune generale (operare in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti degli stakeholder) e specifico (il perseguimento una o più specifiche finalità di beneficio comune). 

2. Quali sono gli aspetti peculiari della società benefit rispetto a un’impresa che già attua la responsabilità sociale di impresa – CSR?

Essere una Società Benefit vuol dire inscrivere l’impegno a favore dell’ambiente e della società e la propria etica nello statuto aziendale. Ha le sue origini certamente nella Responsabilità Sociale d’Impresa ma ne rappresenta un’evoluzione che la rinnova del tutto: la finalità sociale è obiettivo vincolante, connesso al core business imprenditoriale. Si tratta quindi di una profonda innovazione del concetto stesso di impresa: la Società Benefit, infatti, deve avere una governance differente, che persegua entrambi gli obiettivi e una gestione più allargata e responsabile che, oltre a misurare il valore economico prodotto, valuti l’impatto operato sulla società e lo comunichi in modo trasparente.

3. Perché un’azienda dovrebbe scegliere di trasformarsi in una società benefit? Quali sono i vantaggi?

Oggi le aziende sono tempestate da richieste di sostenibilità e gli imprenditori hanno capito che non si tratta di una moda passeggera, però non sanno bene quali scelte compiere né dove investire. Diventare SB significa scegliere un assetto, giuridico prima di tutto, organizzativo di conseguenza, che consente di affrontare meglio le sfide. Intanto quella del “purpose of corporate”, che chiaramente è pervasivo: nessuna società oggi può permettersi di qualificarsi sul mercato per la sua sola buona Trimestrale. E’ una rivoluzione copernicana! Definire il corporate purpose non è un esercizio di compliance e molte imprese balbettano nel racconto su quale sia il proprio scopo sociale o ambientale rischiando di sfociare continuamente nel greenwashing. Le società benefit, invece, ne fanno una ragione costitutiva, protetta dalla legge; con questo assetto risultano più solide e strutturate nella nuova competizione sostenibile e per questo più attrattive sotto diversi aspetti: dal vantaggio reputazionale e di brand awareness, attraverso la valorizzazione dell’impatto positivo di carattere non finanziario, al talent attraction delle risorse umane; e ancora, tra i benefici, vi rientrano un maggior peso nelle relazioni con banche e investitori finanziari, la possibilità di favorire l’attuazione del modello organizzativo ex D.lgs. 231/2021 e la spinta al miglioramento, che nelle società benefit è continuo e prende in considerazione le proprie performance a 360 gradi.

Chiaramente è importante che cresca anche la disciplina della misura delle valutazioni e dell’impatto, che è uno degli obblighi cui sono sottoposte le società benefit. È un tema a cui si stanno dedicando università, centri studi e di ricerca pubblici e privati e nel futuro siamo certi rivestirà un ruolo importante sia per le società benefit che per le società che ancora non hanno scelto di adottare questa qualifica giuridica.

4. Quante sono le società benefit in Italia? E nel resto d’Europa?

Al 31 dicembre 2022, sono state rilevate 2.626 Società Benefit in Italia (elaborazione basata sull’estrazione dell’Osservatorio Società Benefit Infocamere – Camera di commercio di Taranto, ndr).

5. Quali possono essere le applicazioni delle società benefit nel campo delle bioenergie e delle energie rinnovabili?

Le bioenergie e le energie rinnovabili costituiscono un settore chiave per avanzare sugli aspetti di sostenibilità ambientale, non a caso la tassonomia dell’UE vi ha dedicato una parte preponderante del proprio lavoro di classificazione. Come Assobenefit riteniamo che le società benefit possano qualificare nel modo migliore le imprese che operano allo scopo di promuovere la produzione ed il consumo di energia prodotta da fonti rinnovabili, anche ai fini della costituzione di Comunità energetiche rinnovabili (CER), e non necessariamente solo nella forma di società cooperative. C’è una reale possibilità che anche le società benefit (società S.p.A. SB) possano diventare CER e stiamo lavorando sull’opzione. In ogni caso, come per tutte le imprese, la qualifica di società benefit garantisce una governance più attenta e trasparente rispetto alla gestione dei rischi ambientali e sociali cui le società del settore sono esposte. Inoltre, oltre ai tipici vantaggi, possono godere di maggiore attrattività degli investimenti, maggiore bancabilità, legami col territorio più solidi e capacità di attrarre i giovani talenti al proprio interno.

6. Quali sono gli sviluppi futuri, a livello legislativo, che possono riguardare le società benefit?

Il tema dell’evoluzione normativa è un tema che, come Assobenefit, abbiamo presente da sempre: siamo stati promotori della legge per il public procurement che ha previsto di valorizzare questo tipo di imprese nelle forniture e appalti pubblici, con la possibilità per le stazioni appaltanti di dare dei punti aggiuntivi alle società benefit. Abbiamo inoltre incentivato una norma che assegna al Governo il compito di promuovere le società benefit nella consapevolezza che sia necessario diffondere questa nuova cultura imprenditoriale su tutto il territorio italiano, verso le altre imprese “tradizionali”, gli operatori finanziari e di mercato. Ci proponiamo di presidiare temi che rappresentino la frontiera su cui le società benefit sono chiamate a competere e che potrebbero divenire oggetto anche di evoluzione normativa. Sicuramente con l’arrivo della Direttiva sulla comunicazione societaria sulla sostenibilità (Direttiva CSRD, Corporate Sustainability Reporting Directive) e con la sua adozione nella legislazione italiana sarà utile, se non necessario, porsi il tema di come adeguare gli allegati “A” e “B” della legge sulle società benefit, avendo ben presente un obiettivo: le società benefit vogliono porsi come un modello all’avanguardia nel panorama delle imprese vocate alla sostenibilità e, quindi, devono rimanere nella parte avanzata di questo dibattito. Ciò comporta che di fronte ad uno standard europeo, tutte le società benefit dovranno fare una valutazione d’impatto che sia almeno pari, se non superiore, allo standard europeo.

Le priorità di FIPER per il 2023

Intervista con il presidente di FIPER Walter Righini

Il 2022, che ci lasciamo alle spalle, è stato un anno che non ci scorderemo facilmente. Lo abbiamo accolto con grandi speranze, poiché riponevamo in esso la speranza di uscire definitivamente dalla crisi pandemica, ma ci siamo ritrovati ben presto invischiati in un’altra grave crisi globale, drammaticamente apertasi con la guerra russa in Ucraina. Le ripercussioni sulle nostre vite sono ben note a tutti, con le impennate dei costi delle bollette energetiche di imprese e famiglie e il costante e complicato lavoro diplomatico sul piano nazionale ed europeo per contrastare queste conseguenze potenzialmente nefaste per la nostra economia.

In seguito a tutto ciò, anche in Italia è diventata chiara a tutti ed apertamente esplicitata dal Governo stesso la necessità di renderci indipendenti dalla fornitura di gas dei paesi esteri in generale e da quella russa in particolare, attraverso la spinta e l’accelerazione verso una transizione energetica che ci garantisca la sicurezza di approvvigionamento. Una transizione che presuppone maggiori investimenti sulle energie rinnovabili.

Le bioenergie hanno dimostrato in questa fase di poter essere una reale alternativa al gas russo: i prezzi del teleriscaldamento alimentato a biomasse legnose si sono mantenuti pressoché stabili (subendo al massimo incrementi del 5-10%), mostrando così la loro forza e stabilità grazie ad un sistema locale e sostenibile di approvvigionamento della materia prima, indipendente quindi dai rivolgimenti geopolitici e dalle conseguenti oscillazioni del mercato internazionale dell’energia.

Attualmente le bioenergie rappresentano circa il 60% della quota di energia rinnovabile in Europa, ricoprendo il 13% del mix energetico e generano quasi un milione di posti di lavoro. In Italia contribuiscono al 43% della produzione rinnovabile e all’8% dei consumi totali, con un potenziale sufficiente a sostituire oltre 10 miliardi di metri cubi di gas, vale a dire più del 30% del gas importato annualmente dalla Russia, con ricadute economiche che superano i 37 miliardi di euro all’anno.

Anche a livello governativo il 2023 si apre con una nota positiva: Fiper ha manifestato il proprio apprezzamento per la misura inserita nella legge di bilancio deliberata a fine anno che riduce l’aliquota l’IVA al 5% anche per il servizio di teleriscaldamento, equiparandolo in questo modo alla misura già adottata per la fornitura di gas nel mercato domestico. Un primo segnale verso il perseguimento del mix energetico nel settore del riscaldamento e una scelta che contribuirà a rendere ancora più competitivo il teleriscaldamento rinnovabile, in particolare alimentato a biomassa legnosa. Questa riduzione, volta a calmierare il caro bollette, permetterà anche a chi non si è ancora allacciato alle reti di valutare la convenienza del servizio.

Una misura necessaria, ma non sufficiente! Crediamo, per esempio, che molto si possa ancora fare sul fronte dei fondi volti a sostenere nuove reti di teleriscaldamento efficienti o l’ampliamento delle esistenti: ben più della metà delle richieste pervenute al bando del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, promosso a partire dalle risorse del PNRR, sono infatti rimaste senza finanziamento.

È chiaro che servono molte più risorse se vogliamo raggiungere gli obiettivi che lo stesso PNRR ci impone, sia in termini di rilancio del sistema Paese, sia di risorse elargite e quindi investite. Dal momento che le domande di finanziamento non mancano, chiediamo con forza al Governo che vengano identificate e destinate al più presto risorse necessarie a finanziare tutti i progetti già selezionati rimasti senza un sostegno economico. Non dimentichiamo che il governo tedesco ha allocato ben 2,98 miliardi di euro per il sostegno al teleriscaldamento, una cifra che fa impallidire quella ben più timida di soli 200 milioni di euro stanziata dal nostro governo, la quale infatti è riuscita a finanziare solamente 29 dei 118 progetti presentati dai territori dei quali infatti ben 60 sono stati  dichiarati ammissibili ma non finanziati.

C’è un altro tema su cui Fiper sta lavorando e intende proseguire il proprio impegno, nella convinzione che rappresenti una strategica chiave di lettura del futuro energetico del paese: le comunità dell’energia rinnovabile (CER).

Le CER, infatti, sono state definite dalla Direttiva europea RED II come un modello di autoconsumo collettivo per energia termica ed elettrica, ma l’Italia ha recepito il testo della direttiva limitando le incentivazioni alla sola produzione di energia elettrica derivante da fonti rinnovabili. Fiper ha proposto e continuerà il confronto con le istituzioni affinché la produzione e l’autoconsumo collettivo di energia termica vengano inclusi nel sistema di incentivazione., Del resto, la misura permetterebbe di allinearsi al dettato europeo, dando così maggior stimolo alla nascita di nuovi sistemi di teleriscaldamento locali sostenibili e a filiera corta, in particolare nelle zone montane del Paese, che possano rappresentare per queste ultime un reale motore di sviluppo territoriale.

Proprio con quest’ottica Fiper sta lavorando alla costruzione di una comunità dell’energia in Valtellina per dotare i tre comuni di Mazzo di Valtellina, Lovero e Tovo Sant’Agata di un sistema di teleriscaldamento a biomasse legnose vergini, materia prima abbondante nei boschi privati e pubblici dei tre comuni.

Lo studio di prefattibilità di questo progetto, che si prefigge obiettivi ambientali (quali l’abbattimento delle emissioni in atmosfera e la gestione sostenibile dei boschi attualmente abbandonati) e socioeconomici (come la riduzione dei costi di approvvigionamento dell’energia e l’avvio di una filiera locale che parte dalla gestione delle foreste e finisca ad alimentare l’impianto di teleriscaldamento) è stato possibile grazie alla partecipazione nel progetto europeo BeCOOP, di cui Fiper è partner pilota per l’Italia e che entra nel terzo e ultimo anno di attività.

L’esperienza del progetto BeCOOP ha dimostrato quanto sia importante la presenza in una dimensione europea per una realtà come Fiper, se vogliamo continuare ad essere avanguardia dei temi più innovativi e creare una rete sovra nazionale nella quale sperimentare le nuove frontiere del comparto e portare in luce, nei luoghi decisivi, le istanze del settore.

Non a caso ci siamo ricandidati come componenti del board europeo Bioenergy Europe e siamo soddisfatti di essere stati riconfermati. È matura ormai la consapevolezza che sia fondamentale per la Federazione partecipare attivamente al lavoro di lobby che viene svolto direttamente a Bruxelles, dove le maggiori decisioni in materia di energia sono formulate e deliberate.

In particolare, ancora aperta è la questione relativa alla definizione di “biomassa legnosa primaria” all’interno dell’iter deliberativo della RED III.  È necessaria una continua vigilanza, affinché non si commetta l’errore di varare una norma che finisca per deprimere pesantemente la filiera bosco-legno-energia e l’uso a cascata del legno, divenendo in questo modo un vero ostacolo al rilancio del settore delle bioenergie, oltre che una vera e propria contraddizione con gli obiettivi della stessa Unione Europea.

L’anno che si è appena aperto ci vedrà impegnati anche nello studio e approfondimento, nel settore delle bioenergie, delle potenzialità delle società benefit le quali attualmente sono circa 2500 in tutt’Italia, distribuite nei più diversi settori produttivi. In questo campo si può aprire infatti un’interessante opportunità per le aziende che producono energia da fonti rinnovabili in quanto realtà già impostate come imprese con un approccio attento alla sostenibilità sociale e ambientale e che quindi possono abbastanza facilmente migrare verso questo tipo di configurazione giuridica, usufruendo di alcune agevolazioni e fondi ancora poco sfruttati in Italia.

In conclusione, possiamo affermare che il 2023 si presenta denso di appuntamenti importanti e sicuramente impegnativo e laborioso perché si trasformi questa crisi energetica in un forte accelerazione verso l’impiego delle fonti rinnovabili, attuando di fatto una transizione reale verso un’economia a basse emissioni e la creazione di nuovi posti di lavoro. Per l’Italia, una grande occasione di crescita e sviluppo sostenibile! Fiper continuerà a vigilare e non mancherà di far sentire la propria voce ogni volta che ce ne sarà bisogno, nella consapevolezza che gli obiettivi dei produttori di energie da fonti rinnovabili siano, oggi più che mai, gli stessi di tutto il Paese e dell’Europa.

Il nuovo presidente di Bioenergy Europe: le bioenergie sono il nostro futuro!

Lo scorso 23 novembre il board europeo Bioenergy Europe ha eletto il nuovo Presidente, l’austriaco Christoph Pfemeter, della Austrian Biomass Association. Fiper lo ha subito intervistato per capire quali saranno le principali direttrici delle sue azioni in veste di presidente.

Intervista con Christoph Pfemeter, President Bioenergy Europe

Ora che è stato eletto nuovo Presidente di Bioenergy Europe, quali saranno le priorità per l’associazione?
 Le negoziazioni relative al Green Deal sono andate nella direzione sbagliata: porre obiettivi molto alti sull’energia rinnovabile e la decarbonizzazione, senza aumentare e sostenere l’uso delle bioenergie non può funzionare. Sentir etichettare il gas fossile o l’energia atomica come “green” sembra uno scherzo. Dobbiamo invece riportare nella nostra agenda la diffusione ed espansione delle bioenergie.

Quali sono le principali sfide che la filiera del legno deve fronteggiare nel breve e luongo periodo?
Nel breve termine, una delle sfide più grandi sarà quella di fronteggiare l’andamento incoerente dell’UE, con tutti gli oneri che la Commissione e il Parlamento dell’UE cercano di imporre ai settori forestale e bioenergetico. La RED II non è stata pienamente attuata e per la RED III stiamo ancora discutendo di enormi cambiamenti. Abbiamo bisogno di maggiori investimenti nel nostro settore, invece di complicati e pesanti regolamenti UE e di incertezze, che si basano solo su decisioni emotive. Dobbiamo tutti massimizzare il potenziale delle energie rinnovabili e lasciare che la biomassa sostenibile entri nel mercato, eppure, allo stesso tempo, il Parlamento europeo sta discutendo di limitazioni all’uso della biomassa. Questo porterebbe a carenze, prezzi volatili e, di conseguenza, a case fredde e a un maggiore utilizzo di energia fossile.

La gestione sostenibile delle foreste è fondamentale per garantire sufficienti serbatoi di carbonio e per prevenire i rischi idrogeologici. Quali azioni intende intraprendere Bioenergy Europe per sensibilizzare l’opinione pubblica e i politici sulla necessità di pratiche di gestione forestale sostenibile, come i piani annuali di taglio e potatura degli alberi, se vogliamo garantire la salute delle foreste
Dobbiamo essere molto chiari nei nostri messaggi e alzare la voce su questo argomento: abbracciare gli alberi è un bell’hobby e può essere un modello di business per alcune persone e ONG, ma non è una soluzione per combattere efficacemente il cambiamento climatico e rafforzare la salute delle nostre foreste. La bioenergia è una parte integrata e importante della gestione sostenibile delle foreste: su questo non c’è alcun dubbio.

Quali strumenti ha a disposizione l’UE per chiarire una volta per tutte che il legno è una risorsa rinnovabile?
La UE dovrebbe cambiare la sua attuale politica. Abbiamo bisogno di nuove iniziative per l’utilizzo di legno di alta qualità, come il New European Bauhaus, per sostenere le costruzioni in legno. Per ogni tonnellata di legno massiccio che utilizziamo come materiale da costruzione in un edificio, abbiamo 6-10 tonnellate di sottoprodotti (dalla foresta fino al cantiere) che possono essere utilizzati per l’energia e per sostituire i combustibili fossili. La gestione sostenibile delle foreste garantisce elevati stock di carbonio; le costruzioni in legno immagazzinano carbonio; le bioenergie sostituiscono i combustibili fossili e possono persino fornire tecnologie a emissioni negative come BECCS (Bioenergy with carbon capture and storage)  o il BioCoal, soprattutto quando non c’è più richiesta di sostituzione dei combustibili fossili. Le sinergie tra i settori della silvicoltura, della lavorazione del legno e delle bioenergie formano una squadra imbattibile per la lotta al cambiamento climatico.

Come pensa di portare la sua esperienza nel settore forestale e nella politica dell’UE nel suo nuovo ruolo di presidente?
La bioenergia è un’energia prodotta dalla terra. Viene gestita dalle regioni rurali in modo concreto e sostenibile. È innegabile che le politiche climatiche siano spesso guidate dalla preoccupazione delle città per l’ambiente e il clima e siano altamente teoriche. Questo porta a molti fraintendimenti. In Austria abbiamo trovato un buon equilibrio tra teoria e pratica e le cose stanno andando avanti. Questo perché  entrambe le parti hanno un interesse vitale a rimanere al di sotto di 1,5 gradi Celsius ed entrambe sono disposte a lavorare a stretto contatto. Mi impegnerò a fondo per cercare di metterle in contatto anche a livello europeo.

Abbiamo milioni di persone che utilizzano le bioenergie e che lavorano nel settore, in migliaia di piccole e medie imprese. Dobbiamo usare il loro potere, le loro conoscenze e le loro reti per mostrare ai politici dell’UE ciò che abbiamo già realizzato e per convincerli che dobbiamo proseguire nel sostituire ulteriormente i combustibili fossili. La politica dell’UE si basa attualmente su un grande mercato unico armonizzato e tende a implementare soluzioni uniche. Questo potrebbe funzionare per le aziende produttrici di combustibili fossili, che sono oligopoli che partecipano al commercio internazionale. Le bioenergie, invece, si basano su molte risorse diverse e su vari usi regionali, ciascuno adattato alle condizioni locali. In totale, meno del 5% dell’uso europeo di bioenergia proviene dal commercio con i Paesi terzi.

Qual è la sua visione per il future del settore delle bioenergie?
Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di costruire un sistema energetico privo di combustibili fossili, insieme all’eolico, all’idroelettrico, al fotovoltaico e alle altre fonti rinnovabili, entro i prossimi 20 anni. Sono convinto che le bioenergie sostenibili lo rendano possibile e che rimaranno una fonte energetica rinnovabile fondamentale, nel settore del riscaldamento, dell’industria e dei trasporti. La rilevanza della bioenergia diventerà sempre più evidente, in quanto integra le fonti rinnovabili intermittenti grazie alla sua immagazzinabilità e flessibilità.

Quali sono le sue aspettative sul risultato dei negoziati sulla RED?
Le politiche energetiche basate su campagne emotive delle ONG possono portare a risultati errati. Nelle regioni con scarsa esperienza in materia di silvicoltura sostenibile, queste campagne hanno un’enorme influenza su chi prende le decisioni. Tuttavia, sono convinto che gli Stati membri abbiano più buon senso e che in futuro punteranno sulle bioenergie. Sulla base delle statistiche energetiche e della fiducia nelle istituzioni forestali, i responsabili politici sanno che non riusciranno a passare alle energie rinnovabili e alla decarbonizzazione senza ricorrere alle bioenergie.

Se avesse una bacchetta magica e potesse cambiare una cosa nel contesto della legislazione attuale, quale sarebbe
Implementerei criteri minimi per gli standard sociali e ambientali per i combustibili fossili. Non li chiamerei criteri di sostenibilità, perché i combustibili fossili non possono essere prodotti in modo sostenibile, ma al momento la bioenergia è l’unica fonte energetica che deve rispettare gli standard ambientali. Sebbene ritenga che questi criteri siano importanti per garantire le best practices per la bioenergia, quando si tratta di combustibili fossili nessuno fa richieste simili. Siamo tutti d’accordo sul fatto che i combustibili fossili siano dannosi e che debbano essere gradualmente eliminati, ma se avessimo questi standard minimi, faremmo luce su quanto siano dannosi e metteremmo in chiara evidenza il costo effettivo del loro continuo utilizzo.

Più di 550 scienziati chiedono per il clima una gestione sostenibile dei boschi

La comunità scientifica si mobilita per sostenere la gestione sostenibile dei boschi e maggiore attenzione da parte delle istituzioni europee: 550 scienziati e ricercatori del settore ambiente-foreste-energia firmano una lettera per chiedere regole concrete e applicabili per preservare le foreste dall’incuria, mantenerle vive, sane, produttive e renderle protagoniste della transizione energetica.

Bioenergy Europe, il board europeo che raccoglie le associazioni dei vari paesi produttrici di energia da biomassa, diffonde questa lettera e auspica maggiore attenzione e sensibilità da parte delle istituzioni europee verso il settore.

Fiper si fa promotrice di questa campagna e si impegna per la diffusione della corretta informazione sulla produzione e sull’uso a cascata del legno e sulla filiera bosco-legno-energia, affinché diventi chiaro quanto importante sia questo settore per la realizzazione della transizione energetica in Italia e in Europa.

Bioenergy Europe accoglie con favore la lettera aperta mandata oggi ai presidenti europei Ursula Von der Leyen, Charles Michel e Roberta Metsola, nella quale viene indicato un ampio sostegno scientifico al settore forestale e della bioenergia.

Firmata da più di 550 scienziati, e con il supporto della comunità scientifica internazionale, la lettera chiede per il clima una gestione intelligente dei boschi. Infatti, i boschi giocano un ruolo fondamentale per il nostro ambiente, poiché immagazzinano carbonio e sono in grado di mitigare i cambiamenti climatici, aumentando al contempo la biodiversità. Tuttavia, il cambiamento delle condizioni climatiche, che mette sempre più a rischio i nostri boschi, può essere ridotto solo con una gestione sostenibile ed uso di prodotti, sottoprodotti e residui forestali, così da assicurare un’economia sostenibile e la produzione di energia rinnovabile.

La lettera sottolinea che è possibile evitare le emissioni di CO2 da combustibili fossili esclusivamente attraverso una corretta gestione dei boschi e dell’utilizzo a cascata del legname. La gestione dei boschi si concentra sul mantenimento della salute dei boschi stessi e sulla produzione del legno, ma un inevitabile sottoprodotto della raccolta, della lavorazione e della produzione, è la generazione di materiale di bassa qualità che ha un uso limitato o nullo oltre a quello energetico.

I vantaggi climatici dei prodotti in legno sono numerosi, in quanto possono essere utilizzati per creare oggetti di lunga durata, sostituendo materiali a più alta intensità energetica. Inoltre, possono costituire una fonte di energia rinnovabile, creando sinergie con altre industrie forestali e contribuendo in modo significativo alla politica climatica dei Paesi dell’UE. La transizione energetica è una componente integrale di un bosco ben gestito e dei relativi prodotti in legno, si legge nella lettera.

I negoziati in corso a livello europeo sulla direttiva sulle energie rinnovabili rappresentano una grande opportunità per aumentare le ambizioni ambientali. Tuttavia, un divieto dell’uso del legname proveniente da boschi gestiti in modo sostenibile, per la produzione di energia, non porterebbe ad alcun vantaggio per la biodiversità e ostacolerebbe una bioeconomia circolare.

La lettera conclude che una gestione forestale sostenibile, che mantenga costanti i volumi di boschi e ne utilizzi solo l’accrescimento per uso a fini produttivi ed energetici, è “intelligente dal punto di vista climatico”.

Secondo l’autore principale, il Prof. Roland Irslinger, il termine Climate Smart Forestry (CSF) integra gli obiettivi climatici con la gestione forestale. La CSF non significa soltanto immagazzinare carbonio negli ecosistemi forestali/boschivi, ma include la riduzione delle emissioni di gas serra, l’aumento della resilienza dell’ecosistema forestale, i criteri per la biodiversità e l’aumento sostenibile della produttività e del reddito dei proprietari forestali nella strategia di gestione forestale. Il QSC tiene conto delle peculiarità regionali, dei fattori naturali e delle circostanze socioeconomiche degli Stati membri dell’UE. Cerca sinergie con altre politiche che possono avere un impatto sul settore forestale, come le politiche rurali, industriali, energetiche e della biodiversità. 

Irene di Padova, direttore delle politiche di Bioenergy Europe, sottolinea: L’attuale discussione sulla gestione sostenibile dei boschi e sulla bioenergia è spesso guidata da pregiudizi e non riflette la realtà secondo la letteratura scientifica e forestale. Se vogliamo raggiungere gli obiettivi climatici dell’UE, dobbiamo trovare regolamenti e linee guida praticabili e applicabili che tengano conto della multifunzionalità dei boschi.

Leggi la lettera degli scienziati

L’importanza di “coltivare” il bosco

Intervista con Maria Rita Gallozzi, certificatrice di gestione forestale e vice presidente di FSC Italia.

Oggi più che mai i boschi possono essere una grande risorsa per i cittadini dei comuni montani italiani, una risorsa che può permettere loro di produrre energia con costi contenuti, in modo sostenibile per l’ambiente e attivando una filiera a chilometro zero. Ma non solo: tutto ciò farebbe bene ai boschi che verrebbero mantenuti, curati, coltivati, mentre oggi spesso sono abbandonati, si ammalano, invecchiano. Ne abbiamo parlato con Maria Rita Gallozzi, certificatrice di gestione forestale e vice presidente di FSC Italia.

1. Dal suo osservatorio specialistico di esperta forestale, qual è lo stato dell’arte del patrimonio forestale italiano?
Per rispondere, uso le parole della dott.ssa Alessandra Stefani, collega che oggi dirige la Direzione Nazionale Foreste al MIPAAF: “L’Italia è un paese forestale e la nostra prima sfida è farlo capire agli italiani, che nella maggior parte dei casi, non sanno di vivere su un territorio attualmente ricoperto per un terzo di boschi”.
Per cui, tenendo conto che in Italia la superficie boschiva, dal 2005 al 2020, è aumentata di circa 590.000 ettari, come riportato dall’ultimo INFC (Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio) e che negli anni Venti nel nostro Paese potevamo contare su un patrimonio di circa 4 milioni di ettari di boschi, mentre attualmente siamo passati a 11 milioni di ettari, direi che il nostro patrimonio forestale gode di buona salute.
Unico rilievo che occorre evidenziare è che in molti casi mi capita di girare in boschi “abbandonati”, non gestiti, perché magari il proprietario o il gestore è irrintracciabile o semplicemente sceglie di non fare nessun intervento forestale: in questi casi, mi capita di osservare il degrado dell’area forestale che sto percorrendo. L’abbandono del bosco, purtroppo, è frequente nel nostro paese ed è causa diretta di dissesto idrogeologico e incendi.

2. C’è chi dice che il bosco vada lasciato crescere senza intervento umano. Secondo le pratiche forestali, qual è l’atteggiamento o il comportamento che bisognerebbe tenere in caso di alberi malati?
I monaci camaldolensi, autori del Codice Forestale Camaldolense e custodi gelosi del patrimonio boschivo dell’Appennino Tosco Emiliano, ne codificarono lungo i secoli la gestione in una serie di norme, che costituiscono il cosiddetto “Codice forestale camaldolese”, nel quale si legge “il bosco va coltivato senza scemarne la bellezza”. Custodire e coltivare: questa è la base di una gestione sostenibile dei boschi. Si può, in sostanza, tagliare gli alberi, valorizzando il “prodotto legno” (e non solo), senza danneggiare in alcun modo l’ambiente.
Una foresta sana rallenta l’erosione del suolo, gli smottamenti del terreno e le inondazioni. Supporta una varietà di biodiversità, cattura CO2, genera ossigeno e filtra l’acqua. Naturalmente, la foresta produce legno, una risorsa rinnovabile che sta diventando il materiale del futuro offrendo un’alternativa sostenibile ai combustibili fossili.
Infine, una foresta “gestita” è una foresta accessibile e accogliente per le numerose attività ricreative che possono offrire ai visitatori amanti della natura, come l’escursionismo, la mountain bike, e il sempre più attuale “forest bathing” comunemente definito come “benessere forestale”.
In caso di “alberi malati” occorre valutare di volta in volta la situazione: singoli alberi “morti in piedi” (come si usa dire in termini forestali) sono spesso lasciati in bosco in quanto rifugi e tane per animali e uccelli; stesso discorso vale per quelli che sono a terra: saranno utili ai microrganismi decompositori e di conseguenza al suolo, che si arricchirà di sostanza organica.
Il discorso è diverso in caso di attacchi violenti di patogeni su interi popolamenti forestali: in questo caso occorrono azioni specifiche per limitare l’infestazione, azioni che possono includere anche dei tagli non previsti del soprassuolo arboreo. In questi casi, molto spesso, il legname infestato viene comunque utilizzato come biomassa.

3. Cosa significa ed è possibile fare una gestione sostenibile del bosco? Quali sono i vantaggi, di “coltivare” il bosco?
Rinnovare le foreste, produrre legno per diversi usi, preservare la biodiversità, accogliere il pubblico, prevenire i rischi di incendio, migliorare la resistenza delle foreste al riscaldamento globale: questi sono gli obiettivi della gestione forestale (o selvicoltura). La gestione forestale sostenibile consente proprio questo: preservare la foresta nel suo complesso, le sue funzioni e la sua biodiversità.
C’è una gestione sostenibile quando la “manutenzione” del bosco mantiene la foresta in crescita e garantisce un sano equilibrio tra funzioni economiche, ecologiche e sociali e questo si verifica quando la crescita degli alberi rimane più importante della loro mortalità e del prelievo legnoso.
Non va dimenticato però che la raccolta del legname fa parte del ciclo di vita delle nostre foreste: tagliare un albero non è un “crimine ambientale”.
Se il taglio è fatto applicando le regole selvicolturali e se è definito da un Piano di Gestione Forestale, non ci sono problemi nel tagliare un bosco e, in più, se ad occuparsi della gestione sono operatori specializzati, si ha la garanzia che saranno rispettate le regole della selvicoltura naturalistica, implementando interventi specifici ed effettuando prelievi di materiale legnoso che non vanno mai oltre il livello di “ricrescita” (ripresa) annuale del bosco: cioè non si taglia mai più del legno che il bosco produce in 1 anno!
I tagli di “diradamento”, “miglioramento” o “rigenerazione” permettono agli alberi di beneficiare di luce e risorse sufficienti per rinnovarsi e crescere, l’importante è avere sempre in mente che un bosco non è solo uno stock di legno da sfruttare.

4. Che tipi di sistemi di tracciabilità ci sono per garantire che il bosco sia trattato secondo i criteri di sostenibilità definiti dall’Unione europea?
In tutti i settori di attività, i governi, la società civile e, in ultima analisi, i consumatori chiedono una maggiore trasparenza sull’”origine dei prodotti” per garantire che soddisfino determinati criteri di qualità. Il settore forestale non fa eccezione a questo problema, e anche in questo caso, è necessario che la materia prima lavorata, vale a dire il legno, provenga da fonti che rispettino il quadro giuridico locale e l’ambiente forestale. Per soddisfare questi requisiti, diverse aziende forestali hanno implementato una “catena di custodia” per i loro prodotti.
Qui entra in gioco il concetto di “tracciabilità”, che è un processo che permette di identificare l’origine e di rintracciare un prodotto attraverso le varie fasi della filiera. In ambito forestale, ciò significa essere in grado di tracciare un prodotto dalla fase di prelievo della materia prima dal bosco alla sua lavorazione, fino alla commercializzazione del prodotto finito.
Quindi, un sistema di tracciabilità è usato per verificare che la materia prima per i prodotti in legno derivi da fonti legali, responsabili o comunque accettabili.

Per soddisfare il desiderio dei consumatori di acquistare legno “pulito”, sono stati creati diversi schemi di certificazione delle foreste e dei prodotti in legno: si assicura ai consumatori che stanno acquistando legno proveniente da foreste gestite in modo sostenibile e con metodi di prelievo della materia prima rispettosi dell’ambiente. Gli schemi di certificazione più sviluppati sono l’FSC (Forest Stewardship Council) e il PEFC (Programme for the Endorsement of Forest Certification Schemes).
La certificazione forestale attesta la gestione sostenibile della foresta e il rispetto delle sue funzioni ambientali, sociali, paesaggistiche ed economiche.

Insomma, dopo questa escursione nel settore forestale italiano, quello che è importante far emergere è che un bosco ben utilizzato e gestito è un bosco sano, che racconta la storia del territorio in cui è inserito e della sua interazione con l’uomo; è un bosco che fornisce in modo ottimale la risorsa legno di cui oggi abbiamo sempre più bisogno e, soprattutto, è la dimostrazione che il taglio di un albero non comporta la distruzione del bosco stesso, ma anzi ne favorisce la rinnovazione e la conservazione.

La ricetta per far fronte alla difficoltà del mercato dell’energia in Italia? Le biomasse ingrediente importante!

Intervista con il dott. Stefano Cavriani, Founder & Director – EGO Group.

Si è appena concluso il G7. Uno dei temi “scottanti” dell’agenda è la necessità di esplorare con i partner internazionali diversi modi per frenare l’aumento dei prezzi dell’energia, inclusa la fattibilità dell’introduzione di price cap temporanei alle importazioni di gas e di petrolio ove appropriato.

In questo scenario in continuo divenire, in cui l’Unione Europea spinge a livello mondiale per accelerare il processo di transizione ecologica, ci si interroga sulle prospettive del mercato energetico nazionale.

Approfondiamo il tema con il dott. Stefano Cavriani, Founder & Director – EGO Group.

1) Dal suo osservatorio, qual è lo stato di salute del mercato dell’energia italiano nell’affrontare la crisi ucraina e la messa in atto del green deal?

L’Italia ha scelto 35 anni fa di puntare sul metano come propria fonte energetica principale e preponderante (famoso fu infatti lo slogan “il metano ti dà una mano”). Attualmente il metano copre circa il 45% del fabbisogno di energia, percentuale quasi doppia rispetto alla Germania (26%). In pratica l’Italia è di gran lunga il Paese occidentale più dipendente dal gas.

Negli anni, i modesti giacimenti italiani si sono esauriti e da ormai 10-15 anni l’import dall’estero copre il 90% del ns. fabbisogno. In particolare, la Russia fino al 2021 è stato il principale fornitore con circa 30 miliardi mc/anno (rispetto al consumo totale pari a circa 70 miliardi mc/anno). L’altro grande fornitore è l’Algeria (20 miliardi mc/anno).
La stragrande maggioranza del gas da noi consumato arriva via tubo, quindi abbiamo una capacità di rigassificazione abbastanza scarsa (3 rigassificatori: Panigaglia, Livorno e Porto Viro per totali 15 miliardi mc/anno nominali). I rigassificatori sono necessari per ricevere il gas LNG via nave (forniture alternative ai flussi via tubo).

È evidente che in un simile scenario la diversificazione delle fonti energetiche è essenziale, a maggior ragione adesso che il gas dalla Russia non è più garantito e che i prezzi della materia prima sono esplosi (fatto dipendente dalla guerra in corso ma anche da trend più profondi già in atto a prescindere da quest’ultima).
Purtroppo, la spinta sulle fonti rinnovabili si è arenata e negli ultimi 8-10 anni la realizzazione di nuovi impianti è molto rallentata, non solo per il quasi totale azzeramento di incentivi ma anche e soprattutto per l’ostracismo da parte degli enti incaricati di rilasciare le autorizzazioni.

Adesso finalmente l’approccio politico, anche da parte del Governo centrale, pare cambiato e il ritmo di rilascio delle autorizzazioni è fortemente accelerato (almeno 2 GW tra 2021 e inizio 2022), ma la realizzazione effettiva degli impianti è difficoltosa a causa della carenza di materiali (per i noti restringimenti sulle catene di approvvigionamento post-pandemia) e dell’impennata dei costi di investimento: quindi l’aumento delle autorizzazioni non corrisponde necessariamente a un aumento della capacità installata.
In estrema sintesi, l’Italia adesso ha finalmente deciso di affrancarsi dal gas, ma non ha le infrastrutture necessarie e impiegherà anni per colmare le proprie lacune.

Queste difficoltà si traducono in prezzi dell’energia ai massimi livelli in Europa (e nel mondo): dopo quasi 20 anni (2004-2020) a prezzo medio di 60 Euro/MWh (+25% rispetto a Germania e Francia), il prezzo dell’energia è esploso (non solo in Italia): nel 2021 si sono superati i 125 Euro/MWh e nella prima metà del 2022 si sono raggiunti i 250 Euro/MWh. In questo momento il prezzo spot supera i 350 Euro/MWh a causa di alcune contingenze specifiche (la siccità al Nord riduce moltissimo la produzione dagli impianti idroelettrici e dai termoelettrico posizionati lungo il Po).
Le previsioni di prezzo rimangono elevatissime anche per i prossimi 2-3 anni (prezzo medio atteso 150-200 Euro/MWh). Dopo il 2025 non ci sono quotazioni, lo scenario è quanto mai incerto ed è impossibile fare previsioni.

Queste semplici considerazioni ci portano purtroppo a concludere che l’energia in Italia è molto cara e priva dei necessari requisiti di sicurezza e affidabilità, oltreché, come noto, non sufficientemente decarbonizzata. In estrema sintesi possiamo dire che lo stato di salute è tutt’altro che buono.

2) Nel PNRR il Governo ha dato grande enfasi allo sviluppo di fotovoltaico, eolico e biometano. Le altre fonti rinnovabili, tra cui le biomasse, sembrano non interessare. Qual è la sua analisi rispetto a questa grave “dimenticanza”? Crede ci possano essere margini correttivi?

Attualmente quando si parla di fonti rinnovabili ci si riferisce essenzialmente a fotovoltaico ed eolico. Certamente il fotovoltaico è la fonte più versatile e prontamente disponibile, ma chiaramente necessita di essere abbinato a sistemi di accumulo per essere esercito in modo regolare e programmabile.
Anche l’eolico è interessante, ma la ventosità italiana è irregolare e non sempre particolarmente forte. Anch’esso, ovviamente, necessita di sistemi di accumulo per ottenere un minimo di flessibilità e regolarità.

Ma stante lo scenario problematico come quello descritto sopra è evidente che dobbiamo sfruttare tutte le risorse disponibili, prima possibile e più possibile. L’Italia è un Paese ricco di boschi e di risorse legnose, è dunque assurdo non puntare fortemente anche sulle biomasse. Tra l’altro queste fonti sono programmabili e gestibili, quindi costituiscono un perfetto complemento rispetto al fotovoltaico e alle altre fonti non programmabili.
Puntare anche sulle biomasse significa ovviamente investire in nuovi impianti ma allo stesso tempo salvaguardare gli impianti esistenti, che in Italia sono numerosi, distribuiti sul territorio e un patrimonio di infrastrutture prezioso.

Certamente la logica degli impianti a biomasse “solo-elettrici” è ormai superata. Produrre energia elettrica con un rendimento inferiore al 20%, adesso che la materia prima è molto costosa, ha poco senso. Viceversa, l’abbinamento di energia elettrica ed energia termica (impianti termoelettrici cogenerativi a biomasse) rappresenta la forma più efficiente (e quindi intelligente) di utilizzo delle risorse.
Per quanto concerne il biometano, molti impianti a biogas (in Italia ce ne sono circa 1.300) potrebbero essere convertiti, ma al momento il settore è un po’ fermo in attesa del nuovo decreto MITE. Anche il biometano da FORSU è interessante, ma la materia prima utilizzabile non è abbondante. Sicuramente il biometano può essere una risorsa importante, ma è prima di tutto necessario aggiornare e rendere certo il quadro normativo.

Come “green-gas” (gas di origine rinnovabile) personalmente ritengo molto più interessante il biometano rispetto all’idrogeno (per la cui produzione servono elettrolizzatori alimentati da energia elettrica ed enormi quantità di acqua). L’idrogeno potrà svolgere un ruolo interessante in chiave di flessibilità della rete elettrica (accumulo di lungo termine di energia elettrica prodotta in eccesso in certe ore o in certe stagioni), ma ritengo poco sensato immaginare di bruciare l’idrogeno per produrre energia termica (caldaie residenziali o simili) – sempre che sia possibile portarlo nelle case o presso le utenze mediante le normali tubazioni esistenti. Per produrre il calore è molto meglio utilizzare fonti locali come le biomasse, laddove disponibili, veicolandolo “semplicemente” mediante acqua calda.

3) Elettrificazione dei consumi, smart grid, comunità dell’energia rinnovabile: si assiste ad una forte accelerazione nel sostituire il vettore termico con elettrico. Fino a che punto il Sistema Paese è in grado di soddisfare a prezzi competitivi la domanda crescente di energia elettrica? Che ruolo può giocare a suo avviso il comparto termico rinnovabile nella transizione ecologica?

Per i motivi detti sopra l’energia elettrica in Italia è destinata a rimanere costosa per molto tempo. Inoltre, l’incremento dei consumi elettrici porrà notevole pressione sul sistema energetico italiano. Già oggi, molto banalmente, l’impennata dei consumi da condizionamento estivo provoca black-out diffusi e incontrollabili in una metropoli come Milano.

Immaginiamoci cosa potrebbe succedere in caso di incremento significativo e troppo veloce dei consumi elettrici (riscaldamento in primis) qualora le reti non fossero adeguatamente potenziate, sia in termini di potenza di picco gestibile, sia in termini di capacità di gestione “intelligente”. Questo non significa che non dobbiamo puntare sull’elettrificazione, ma tutto va fatto in maniera razionale ed equilibrata. Ciò significa utilizzare in modo intelligente le risorse.

Laddove è possibile disporre di energia termica a costo competitivo e da fonte rinnovabile è evidente che è opportuno (anzi mandatorio) sfruttare pienamente tale risorsa.

Gli impianti termoelettrici cogenerativi a biomasse distribuiti, inseriti in modo armonioso e integrato nel territorio, sono e saranno sempre una risorsa energetica fondamentale. Rinunciarvi sarebbe l’ennesimo errore commesso nella politica energetica italiana, che tende sempre a inseguire una salvifica soluzione “unica”, che non esiste.

Trentino Energia Verde: imprese unite per una provincia 100% rinnovabile!

Intervista il neoeletto presidente dr. Andrea Ventura, AD di Bioenergia Fiemme.

Da sempre nell’immaginario collettivo, Trentino è sinonimo di foreste di abeti rossi, Dolomiti e turismo attento alla tutela dell’ambiente.

In questo contesto culturale 11 i soci fondatori, che hanno promosso l’avvio dell’Associazione Trentino Energia Verde. ACSM teleriscaldamento SpA di Primiero, Eneco Energia Ecologica srl di Predazzo, Bio Energia Fiemme SpA di Cavalese, EuroBio Energy srl di Tesero, ‘Bioenergy Anaunia SpA di Fondo, Fellin Energia di Revò, Tonale Energia srl di Vermiglio, Enerprom srl di Pejo, MEM srl di Dimaro oltre ai Comuni di Altavalle in val di Cembra e Pellizzano in val di Sole: una compagine formata da multiutility, comuni, operatori di teleriscaldamento a biomassa.

Approfondiamo il tema con il neoeletto presidente dr. Andrea Ventura, AD di Bioenergia Fiemme.

1. Quali sono gli elementi che vi hanno spinto a costituire l’associazione proprio in Trentino, territorio da sempre vocato all’impiego delle fonti rinnovabili e in particolare alla filiera legno?

Il confronto e la volontà di fare rete tra operatori del Trentino della filiera bosco legno energia era sul tavolo da qualche tempo. Abbiamo deciso di avviare un percorso di condivisione delle varie esperienze di produzione rinnovabile partendo proprio dalle biomasse che rappresentano un fattore di sviluppo strategico per il nostro territorio.

2. A che modello di sviluppo territoriale l’Associazione si ispira per promuovere fattivamente una reale economia circolare?

Il Trentino ha sempre rappresentato un modello di sviluppo dei territori di montagna. L’Associazione si pone l’obiettivo di stimolare questo sviluppo anche nel settore energetico che è oggi un tema centrale per imprese e famiglie.

3. Che margini di sviluppo potrebbe rivestire l’economia del legno a partire dal suo osservatorio per il Sistema produttivo ed energetico italiano?

In Trentino il comparto legno è storicamente un pezzo importante della nostra economia. L’uso del legno e la sua valorizzazione sono parte del DNA di questa terra che deve continuare a favorire processi di innovazione industriale, lavorando anche sullo sfruttamento degli scarti a i fini energetici. Su questo vogliamo essere partner delle Istituzioni locali per stimolare politiche che riescano a mettere al centro i territori garantendo occupazione e crescita anche nelle valli alpine e nei territori più periferici per contribuire al sostegno della montagna.

4. Quali sono i principali limiti e vincoli attuali per la messa in atto di una reale economia circolare che si basa su un sistema di produzione e consumo di energia rinnovabile a km zero?

Manca una visione globale. Una visione di sistema. Se il km zero e l’economia circolare sono davvero così importanti, la politica deve essere coerente. E deve stimolare investimenti che partono dai territori favorendo iniziative che poggiano su questi capisaldi. La generazione di energia rinnovabile distribuita e decentrata, ad esempio, non solo è più sostenibile ma anche più attenta alle popolazioni locali. Vanno rimossi vincoli burocratici e ideologici che in questa nuova fase storica rischiano di bloccare un’autentica transizione ecologica ed energetica.

5. La recente decisione di 2i Rete Gas di revocare il progetto di metanizzazione dell’alta Valtellina per mancanza di manifestazione di interesse da parte di alcuni Comuni può a suo avviso, rappresentare una leva per far in modo che ciò avvenga anche per i 47 comuni trentini, la cui provincia ha previsto un piano di metanizzazione?

Il tema è complesso. La metanizzazione di un territorio rappresenta una scelta che vincola i Comuni per decenni. Vincolare i Comuni ad un combustibile fossile, non rinnovabile e proveniente dall’estero nell’attuale crisi energetica, a noi pare una scelta sbagliata. E credo che dovrebbe essere rivista. Tuttavia, ritengo che la scelta di alcuni di Comuni di metanizzare, sia risultato del timore di non aver altre opzioni da offrire ai propri cittadini e ad un senso di solitudine istituzionale nella politica energetica locale. Servono proposte alternative alla metanizzazione, proposte che diano garanzie di affidabilità e di qualità del servizio basate sulle fonti rinnovabili su cui l’Autonomia del Trentino deve investire con politiche innovative e di lungo periodo.

6. Quest’associazione intende promuovere al suo interno anche la costituzione delle comunità dell’energia rinnovabile?

Siamo appena nati. Abbiamo bisogno di strutturare la nostra organizzazione e attivare il dialogo anche con altre associazioni che si occupano di questi temi per fare fronte comune. Certamente il tema delle Comunità Energetiche è interessante e va approfondito e promosso perché esprime dei riferimenti culturali e valoriali che sono parte integrante del nostro territorio e anche delle aziende e degli Enti che hanno dato vita a Trentino Energia Verde.