FIPER scrive alla Commissione EU: segnalazione per violazione della normativa europea da parte dello Stato italiano

Righini: “il sostegno alla metanizzazione a ogni costo ostacola l’investimento nelle tecnologie di riscaldamento/raffrescamento alimentate da fonti rinnovabili e quindi il raggiungimento degli obiettivi europei”

Milano – Fiper ha inviato la segnalazione dell’art. 114 ter, D.L. del 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, per violazione della normativa dell’Unione Europea da parte dello Stato italiano alla Commissione europea (DG Energia, DG Ambiente e DG Clima).

La segnalazione alla Commissione fa seguito a quella inviata al Regolatore lo scorso 5 maggio, in cui la Federazione evidenziava il rischio di metanizzazione delle aree montane previsto in alcuni piani regionali a scapito dello sviluppo e penetrazione del teleriscaldamento efficiente e in particolare a biomassa legnosa vergine. 

Nella segnalazione la Federazione evidenza che la norma italiana in esame afferma a priori l’efficienza della nuova metanizzazione nelle aree montane principalmente ubicate nell’arco alpino, nonostante dispongano di ingenti quantità di biomasse legnose, e in determinati comuni del Mezzogiorno, contrasta con la Direttiva fonti rinnovabili (RED2) sotto più profili.

In primis, il contrasto tra le previsioni programmatiche dell’Unione e la decisione da parte di uno Stato membro, nella fattispecie l’Italia, di scoraggiare, senza apparenti ragioni evidenti, l’impiego e la promozione di energia rinnovabile considerando, invece, a priori efficiente l’uso del gas metano (fonte fossile) per il riscaldamento di determinati territori, tra cui Val d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Valtellina, dell’area Eusalp, da sempre vocati ad una fiorente economia del legno. La norma non è coerente, inoltre, con l’art. 23 della Direttiva, che prevede uno sforzo da parte degli Stati per l’aumento indicativamente di 1,3 punti percentuali (come media annuale) della quota di energia rinnovabile (le biomasse legnose rivestono un ruolo di primo piano) nel settore del riscaldamento e raffreddamento[1].

Commenta Righini: ”Il sostegno alla metanizzazione a ogni costo ostacola, infatti, l’investimento nelle tecnologie di riscaldamento e raffrescamento alimentate da fonti rinnovabili, tra cui il teleriscaldamento efficiente (alimentato a biomassa legnose) promosso dalla stessa RED 2 all’art. 24 e, dunque, il raggiungimento degli obiettivi europei.

Un secondo profilo di contrasto con la Direttiva 2018/2001 riguarda la sicurezza energetica e quindi la riduzione della dipendenza energetica (fonti fossili) dell’Unione da paesi terzi[2]. Il 77,7% del fabbisogno energetico italiano è soddisfatto dalle importazioni nette[3]. Per contro, l’Italia preleva legname dalle foreste autoctone a un ritmo al di sotto della media europea: il tasso di utilizzazioni italiano varia tra il 18,4% e 37,4% dell’incremento annuo, mentre la media europea è tra il 62-67%[4]. Un patrimonio, quello forestale, non delocalizzabile, che rappresenta un importante fattore produttivo per il Sistema Paese, sia per la filiera dell’edilizia, dell’arredamento che per l’energia.

Terzo profilo, riguarda la concorrenza. La norma attesta un favore così netto per la metanizzazione (i cui costi ricadono nella fiscalità generale), legalizzando un disallineamento nelle condizioni di ingresso nel mercato dell’energia, rischia di scoraggiare la competizione tra diverse tecnologie idonee (rinnovabili) a soddisfare la medesima domanda, alterando in questo modo la concorrenza.

Conclude Righini: ”per le ragioni sopra esposte abbiamo invitato la Commissione EU a intervenire per reprimere l’evidente infrazione della normativa europea in materia di energia e concorrenza commessa dallo Stato italiano a seguito dell’introduzione nell’ordinamento italiano dell’art. 114 ter del Decreto-Legge del 19 maggio 2020, n. 34, informando nel contempo i Ministeri competenti”.

Si allega per completezza documento trasmesso a Bruxelles.

Biogas e biometano agricolo, Consorzio Italiano Biogas, Consorzio Monviso Agroenergia e Fiper presentano Position Paper sulle prospettive di sviluppo del settore

Roma, 06 agosto 2021 – Il CIB – Consorzio Italiano Biogas, il Consorzio Monviso Agroenergia (CMA) e Fiper, hanno elaborato e sottoscritto il position paper “Le prospettive del settore biogas e biometano agricolo in Italia”.

Il documento congiunto delinea, a partire dalle misure previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, una visione comune e condivisa sulle opportunità e sull’evoluzione della digestione anaerobica intesa in termini di servizio ambientale oltre che di produzione di energia rinnovabile, in accordo con le indicazioni europee del Green Deal. Promuovere impianti a biogas agricolo/biometano e consolidare la capacità esistente rappresenta per le associazioni firmatarie un elemento strategico per affermare a livello nazionale ed europeo il ruolo di produttori di cibo di qualità e di energia al servizio della collettività.

“Lo sviluppo della digestione anaerobica in ambito agricolo ha permesso alle nostre aziende di costruire un laboratorio di sostenibilità e innovazione che ha dimostrato la versatilità e lo spirito di rinnovamento del settore primario.”, dichiara Piero Gattoni, presidente del CIB-Consorzio Italiano Biogas. “Oggi la richiesta di un ulteriore impegno per contribuire al rilancio del Paese ci trova pronti ad accogliere la sfida. Il position paper sottoscritto con il Consorzio Monviso Agroenergia e con Fiper contiene una roadmap per il raggiungimento degli obiettivi sfidanti di transizione ecologica che tengono conto delle esigenze del comparto, nei diversi territori e con le loro specificità. Per questo è stato importante condividere con le organizzazioni agricole i contenuti delle proposte avanzate alla politica e ai tecnici per la valorizzazione del Biogasfattobene® in agricoltura.”

La filiera del biogas rappresenta ormai una realtà molto importante per il nostro territorio e la produzione di energia rinnovabile ha dato vita a un indotto di lavoro, di produzione agricola, di attività connesse e servizi che contribuisce a diversificare e sostenere il reddito di migliaia di imprese agricole”, dichiara Sebastiano Villosio, presidente del CMA-Consorzio Monviso Agroenergia.

La sottoscrizione di un documento di proposte e intenti congiunto rappresenta un passo importante per individuare quelle che sono le priorità per il settore agricolo che sempre di più giocherà un ruolo centrale nell’economia del nostro Paese”.

“In questo particolare momento di rilancio dell’economia all’insegna della transizione ecologica, diventa sempre più importante rivolgere la massima attenzione alle potenzialità offerte dai nostri territori in particolare al settore primario. Puntare sulla digestione anaerobica, significa aumentare la competitività delle aziende agricole sul mercato, presidiare il territorio e svolgere un’importante funzione di riduzione dell’impatto ambientale dell’attività agricola e zootecnica. Abbiamo immaginato diversi scenari di sviluppo degli impianti di digestione anaerobica.”, afferma Walter Righini, presidente FIPER.

GLI OBIETTIVI DEL SETTORE E LE AZIONI NECESSARIE

Per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNRR, CIB, CMA e FIPER ritengono necessari la messa in atto di specifici interventi di natura legislativa e regolatoria per garantire la stabilità e continuità del parco impianti esistente e dare un nuovo slancio al settore.

Innanzitutto, la revisione del DM 2 marzo 2018, per accelerare il programma di riconversione degli impianti di biogas esistenti verso il biometano da destinare ai trasporti. Tra le richieste: l’intervento per estendere la vigenza del decreto; un meccanismo premiale per le riconversioni di impianti di proprietà di aziende agricole singole o associate; consentire la produzione combinata di energia elettrica e di biometano; favorire l’impiego di diete miste tramite la corretta applicazione del principio del bilancio di massa nel caso di riconversione parziale di un impianto da elettrico a biometano.

Inoltre, è indispensabile e prioritaria l’emanazione del FER 2 che contempli al suo interno anche la revisione dell’attuale sistema di incentivazione per snellire le procedure per i piccoli impianti sotto i 300 kW e valorizzare l’utilizzo degli effluenti zootecnici in digestione anaerobica.

Un’attenzione particolare è riservata a consolidare la produzione elettrica e valorizzare, così, il parco installato senza disperdere il know-how acquisito dei produttori italiani di biogas. A tal proposito, le associazioni chiedono di dare attuazione alle misure, previste dalla Legge di Bilancio 2020, per gli impianti entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2007 sfruttando positivamente il potenziale di produzione elettrica e inserendoli in un piano di erogazione di servizi di disponibilità e programmabilità.

Il paper evidenzia, poi, in linea con il PNRR, la necessità di incentivare il biometano per usi diversi dai trasporti. La produzione di biogas può, infatti, trovare utile collocazione in diversi mercati in maniera flessibile: soddisfacendo il fabbisogno di produzione energetica efficiente e distribuita, garantendo energia termica in settori difficilmente elettrificabili, sostenendo il greening della rete gas e contribuendo al conseguimento dei target nel settore dei trasporti attraverso una filiera tutta italiana e una tecnologia già matura e immediatamente utilizzabile. Questo approccio di digestione anaerobica, fortemente integrato con lo sviluppo del territorio, può giocare un ruolo importante anche nella promozione e avvio delle comunità energetiche, favorendo un modello partecipativo alla crescita di nuova produzione di energia da fonti rinnovabili diffuse a livello locale, stimolando nuovi investimenti e un ritorno diretto di benefici nei confronti dei cittadini.

Il testo del position paper è scaricabile qui sotto:

Il Governo propone il suo Piano per la transizione ecologica. Ecco cosa prevede

Al Cite, il Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica, il ministro Cingolani ha presentato il documento di 161 pagine in cui vengono delineati 5 macro-obiettivi, con la priorità della neutralità climatica al 2050

La notizia positiva è che c’è un Piano. Sulla transizione ecologica il ministero ad hoc, creato su spinta di Beppe Grillo e poi appoggiato obtorto collo dall’ampia maggioranza che sostiene il governo Draghi, si è finora contraddistinto per posizioni ambigue e poco radicali (tanto che c’è chi chiede le dimissioni del titolare del dicastero). Da una parte il ministro Roberto Cingolani, va detto, continua a professare l’urgenza di una trasformazione del modello di sviluppo che vada verso la sostenibilità (usando parole forti come “apocalisse” e “bagno di sangue”), dall’altra lascia aperte le porte a dinosauri energetici come il gas e gli inceneritori che però, a questo giro della storia, rischiano di far estinguere la specie umana.

Neppure l’importante appuntamento del G20 Ambiente a Napoli ha sciolto i nodi, visto che sui temi fondamentali – dall’eliminazione del carbone al mancato riferimento dell’obiettivo di mantenere l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali fino al poco coraggio sull’economia circolare – la transizione resta una strada lastricata di buone intenzioni ma di poca pratica. Ora però ci sono molti più elementi per giudicare la transizione ecologica, così come intesa dal nostro Paese.

Come si arriva al Piano per la transizione ecologica?

È finalmente giunta a conclusione la “Proposta di piano per la transizione ecologica”, che è stata illustrata lo scorso 28 luglio dal ministro Cingolani al Cite, il Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica (un organo voluto dal presidente del Consiglio Mario Draghi in persona). La riunione si è svolta a Palazzo Chigi e, data la concomitanza con altri impegni del premier, è stata presieduta proprio da Cingolani. Erano presenti alla riunione i ministri dell’Economia e delle finanze, Daniele Franco, delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, del Lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, delle politiche agricole, alimentari e forestali, Stefano Patuanelli, per gli affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini, per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna; la viceministra Alessandra Todde per il ministero dello Sviluppo economico.

Istituito con la legge n. 55 del 22 aprile 2021, il Cite al momento si è riunito soltanto due volte. Ora, dopo la presentazione della proposta di Piano, dovrà attendere i pareri della Conferenza unificata e delle competenti Commissioni parlamentari. Solo dopo questi passaggi, il Piano potrà essere approvato dallo stesso Cite. Ma le indicazioni fornite dal ministero –  che ha individuato gli obiettivi generali da raggiungere coerentemente con gli impegni internazionali ed europei, con il limite temporale del 2030 e un orizzonte prospettico al 2050 – sono fondamentali per capire l’idea di transizione ecologica da che ha il governo Draghi. Oltre agli obiettivi, infatti, sono stati definiti il percorso metodologico e i target da raggiungere. Andiamo allora a vedere la proposta di Piano nel dettaglio.

I contenuti della proposta di Piano per la transizione ecologica

La proposta del Piano per la transizione ecologica si articola su cinque macro-obiettivi, che sono stati ovviamente condivisi a livello europeo:

1) neutralità climatica;

2) azzeramento dell’inquinamento;

3) adattamento ai cambiamenti climatici;

4) ripristino della biodiversità e degli ecosistemi;

5) transizione verso l’economia circolare e la bioeconomia.

All’interno di questa cornice sono otto gli ambiti di intervento previsti, per i quali verranno costituiti appositi gruppi di lavoro:

1) decarbonizzazione;

2) mobilità sostenibile;

3) miglioramento della qualità dell’aria;

4) contrasto al consumo di suolo e al dissesto idrogeologico;

5) miglioramento delle risorse idriche e delle relative infrastrutture;

6) ripristino e rafforzamento della biodiversità;

7) tutela del mare;

8) promozione dell’economia circolare, della bioeconomia e dell’agricoltura sostenibile.

La proposta di Piano è un documento di 161 pagine che lo stesso ministero definisce “uno strumento dinamico”. La stella polare del Piano per la transizione ecologica resta il raggiungimento della neutralità climatica al 2050 e, di conseguenza, la riduzione del 55% delle emissioni di gas serra al 2030. Un target d’altra parte richiesto recentemente dalla Commissione europea col pacchetto “Fit for 55”, contenente proposte legislative disegnate per permettere il conseguimento degli obiettivi intermedi del Green Deal europeo. Come però fanno notare da tempo le associazioni ambientaliste, neutralità climatica non vuole dire assenza di emissioni ma soprattutto, un’incentivazione delle compensazioni attraverso meccanismi “buoni” come la riforestazione e “cattivi”, o quantomeno critici, come l’acquisto dei crediti di carbonio al cosiddetto mercato delle emissioni (il sistema EU ETS).

Allo stesso tempo un ruolo centrale lo gioca inevitabilmente il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), così come viene dettagliato nell’allegato 3 della proposta di Piano per la transizione ecologica: una sorta di cronoprogramma dove vengono delineate le misure correlate, gli indicatori qualitativi e quantitativi e il calendario previsto. Al momento la tabella è quasi tutta da riempire.

 

L’importanza della mobilità sostenibile e delle rinnovabili

Per ridurre le emissioni il Piano punta molto sull’elettrificazione dei consumi. A partire dai trasporti, che – ricorda il ministero retto da Cingolani – “sono responsabili del 30% del totale nazionale delle emissioni”. Più in generale viene ribadito che gli obiettivi sanciti dalle istituzioni europee sono “ambiziosi” mentre va tenuto presente che “il Paese deve affrontare contestualmente un problema diffuso di povertà energetica, reso più evidente dalla pandemia e che interessa il 13% delle famiglie. Il sistema energetico conoscerà una profonda trasformazione, in termini di minori consumi finali, indotti da crescita di efficienza concentrata in particolare sul patrimonio edilizio pubblico e privato, e sui trasporti. La quota di elettrificazione del sistema dovrà progressivamente tendere e superare quota 50%. L’accelerazione del contributo delle energie rinnovabili diventa un fattore cruciale”.

Il ministero definisce un arco di tempo ragionevolmente lungo – dieci anni – affinché si raggiunga l’obiettivo per cui “almeno il 50% delle motorizzazioni dovrà essere elettrico”. Inoltre “in un quadro coordinato a livello europeo i sussidi ai combustibili fossili dovranno essere progressivamente eliminati, anche se non viene indicata alcuna data. Nel paragrafo col titolo evocativo “Energia in trasformazione” viene sancito che “la progressiva sostituzione dei combustibili fossili con le energie rinnovabili rappresenta la principale condizione necessaria della transizione ecologica”: un impegno importante, netto, che dovrà tener conto delle resistenze dei colossi del settore come Eni e Snam (Enel si è già convertita da tempo alle rinnovabili). Se da una parte viene ribadita poi l’importanza dell’idrogeno, dall’altra il ministero torna a ripetere che il cambiamento climatico è “un fenomeno globale”. Pur se tra parentesi, viene riportato che “sul totale mondiale delle emissioni di CO2 da combustibili fossili, il contributo dell’UE è pari a circa l’8,8% e quello italiano è meno dell’1%”. Come a dire che l’Italia farà la sua parte ma, come Cingolani ripete dal suo insediamento, bisognerà portare sulla via della transizione Stati come la Cina, India e Russia – che insieme contano un terzo della popolazione mondiale.

“Alla sfida dell’equità fra Paesi – aggiunge il ministero – se ne aggiunge però un’altra, quella della giustizia intergenerazionale, non meno importante della precedente. Gli effetti prodotti dai gas serra non si fermano ai confini geografici dello Stato che li emette ma neppure possono essere considerati limitati nel tempo. Il biossido di carbonio (CO2) resta molto a lungo in atmosfera, il metano ha una permanenza di qualche decina di anni mentre il protossido di azoto supera di poco il secolo e i gas fluorurati possono arrivare addirittura a decine di migliaia di anni”. Tutto condivisibile, anche se viene da chiedersi perché allora il Mite continua a puntare sul metano come gas di transizione – una storia lunga 100 anni di cui ancora non si vede la fine. Se la transizione ecologica fosse una materia scolastica, il ministero sarebbe promosso sulla teoria e bocciato sulla pratica, perché autorevoli studi e organismi internazionali concordano nel ritenere che sostituire il gas al carbone o comunque continuare ad estrarlo e utilizzarlo in misura uguale o superiore a quella attuale farà mancare l’obiettivo di contenere l’aumento della temperature entro gli 1,5 gradi. Il rischio è che della transizione rimangano gli slogan, come quel “non lasciare indietro nessuno” a cui addirittura viene dedicato un paragrafo. Specie se si considera che nella proposta di Piano si parla spesso di trasparenza, mentre proprio in questa fase è mancata ogni forma di partecipazione e coinvolgimento dei cittadini alla stesura e alla maggior conoscenza tanto del Pnrr quanto del Piano per la transizione.

Fonte: Economiacircolare.com

Stupore e disappunto da parte del mondo della ricerca per la lettera su Nature pubblicata dal WWF che critica l’impiego delle biomasse a fini energetici

Roma 16 luglio 2021. Giuseppe Scarascia Mugnozza (professore Università La Tuscia, socio fondatore e past-president Sisef) pubblica una lettera aperta per fare chiarezza e dissipare pregiudizi, preconcetti sulla gestione forestale sostenibile e sull’impiego delle biomasse a fini energetici.

Di seguito i riferimenti all’articolo di Nature e la risposta di Scarascia Mugnozza.
https://www.nature.com/articles/d41586-021-01923-x. La risposta è indirizzata al Comitato Scientifico WWF 

Caro Direttore,

mi sembra opportuno rispondere alla lettera da poco pubblicata su Nature (Italy: Forest harvesting is the opposite of green growth) da alcuni colleghi del Comitato scientifico del WWF e che ci hai inoltrata.

Le lettera si riferisce al IV Rapporto Nazionale sul Capitale Naturale, a cui ho direttamente partecipato insieme a diversi amici e colleghi del nostro Comitato Scientifico WWF; francamente, devo confessarti la mia sorpresa, e anche un po’ il dispiacere, nello scoprire che il Rapporto viene presentato in modo non veritiero ai lettori di Nature nel mondo, come un piano per una nuova politica delle biomasse del Paese, addirittura in opposizione con la “crescita verde” e la Strategia della Biodiversità europea.

In realtà, se gli autori della lettera l’avessero collegata al testo dell’Executive summary in inglese, sarebbe stato più agevole mostrare ai lettori internazionali di Nature che il Rapporto ha il compito di descrivere lo stato attuale e i recenti cambiamenti tendenziali del capitale naturale in Italia, e quindi anche delle foreste.

Così, sarebbe stato possibile mostrare, su Nature, la crescita, anzi il raddoppio della superficie forestale italiana, negli ultimi decenni, che ha raggiunto l’estensione di circa 12 milioni di ettari pari quasi al 40% del territorio nazionale, con oltre il 35% delle foreste italiane protette, mentre le successioni secondarie coprono 40.000 ettari in più ogni anno, nobile e fondamentale processo ecologico di rewilding che riguarda tante foreste considerate a “dinamica naturale”. Un altro dato altamente significativo è il forte aumento del ruolo di mitigazione degli ecosistemi forestali italiani che hanno accumulato circa 4,5 Gt (miliardi di tonnellate) di CO2 e assorbono annualmente il 12% di tutte le emissioni del nostro Paese. Inoltre, le foreste italiane sono tra i boschi con più elevata biodiversità in Europa mentre la vera minaccia alla biodiversità del nostro Paese è rappresentata dalla scomparsa delle aree aperte e degli spazi rurali a causa del consumo di suolo e per l’espansione purtroppo incontrollata delle aree urbane e delle infrastrutture.

Infatti, al contrario di quanto affermato nella lettera su Nature, nel Rapporto non viene indicato alcun piano per “step up the harvesting of forest biomass” mentre la “visione” contenuta nel Rapporto è quella di far sì che “la nostra deve essere la prima generazione capace di lasciare i sistemi naturali e la biodiversità dell’Italia in uno stato migliore di quello che abbiamo ereditato”.

E’ certamente vero che ci sia bisogno, anche in Italia, di un potenziamento e di una riorganizzazione del quadro informativo sul Capitale naturale e quindi anche sull’utilizzo delle risorse forestali italiane, soprattutto in un momento di accelerazione degli impatti dei cambiamenti climatici e ambientali. Va tuttavia ricordato, per evitare pericolosi allarmismi, che il prelievo di biomassa (stimato) dalle foreste italiane é, comunque, molto al di sotto della media dell’Unione Europea e molto inferiore alla crescita e alla produttività ecologica delle nostre foreste, e anche questo è un rilevante indicatore di sostenibilità. Peraltro, un uso più efficiente e “a cascata” delle biomasse forestali, come raccomandato nel Rapporto, potrebbe ridurre l’impatto negativo delle nostre importazioni di legname da ecosistemi forestali a rischio in diverse parti del mondo.

Il Rapporto sul Capitale naturale si conclude con una serie di raccomandazioni tra cui sicuramente molto significativa è quella che riguarda il potenziamento del sistema di monitoraggio e di inventariazione di tutte le varie componenti del Capitale naturale, e in particolare per gli ecosistemi forestali, per consentire una più efficiente pianificazione ecologica e una maggiore resilienza agli impatti climatici, purtroppo in via di accelerazione.

In conclusione, anche se la lettera è motivo di disappunto per diversi di noi, componenti del Comitato scientifico, poiché sarebbe stato più semplice ed efficace avere una discussione scientificamente approfondita, anzitutto all’interno del nostro Comitato, per chiarire i vari contenuti del Rapporto molto articolato e aperto a competenze diversificate, spero almeno che il dibattito generato possa essere utile affinché il tema del monitoraggio e delle osservazioni quantitative sulla natura sia assunto come tema prioritario in questa cruciale fase di transizione ecologica del nostro Paese.

Fit for 55

Bruxelles – La Comunicazione “Fit for 55”, pubblicata recentemente dalla Commissione Europea è un pacchetto di misure per rendere le politiche dell’UE in materia di clima, energia, uso del suolo, trasporti e fiscalità idonee a ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990.

Il raggiungimento di tale riduzione, oltre ad essere un obiettivo politico è ora anche un obbligo legale, ha ricordato il Presidente Von Der Leyen. Con le proposte odierne, la Commissione presenta gli strumenti legislativi per conseguire gli obiettivi concordati nella legge europea sul clima e trasformare la nostra economia e società “per un futuro equo, verde e prospero”.

Il Vicepresidente Timmermans ha affermato che il principio cardine alla base del quale si è costruita l’intera architettura del pacchetto è quello di attribuire un prezzo al carbonio e dare un premio alla de-carbonizzazione.

Di seguito gli elementi principali contenuti nelle proposte.

  • Sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS). Il sistema ETS ha ridotto con successo le emissioni della produzione di energia e delle industrie ad alta intensità energetica del 42,8% negli ultimi 16 anni. Oggi la Commissione propone di abbassare ulteriormente il limite complessivo delle emissioni e di aumentare il tasso annuo di riduzione. La Commissione propone inoltre di eliminare gradualmente le quote di emissione gratuite per il trasporto aereo e di allinearsi al sistema globale di compensazione e riduzione delle emissioni di carbonio per l’aviazione internazionale (CORSIA) e di includere per la prima volta le emissioni dei trasporti marittimi nell’EU ETS. Per far fronte alla mancanza di riduzioni delle emissioni nel trasporto stradale e negli edifici, è stato istituito un nuovo sistema separato di scambio delle emissioni per la distribuzione del carburante per il trasporto stradale e gli edifici. La Commissione propone inoltre di aumentare le dimensioni dei fondi per l’innovazione e la modernizzazione.
  • Per integrare la spesa per il clima nel bilancio dell’UE, gli Stati membri dovrebbero spendere la totalità delle entrate derivanti dallo scambio di quote di emissioni in progetti relativi al clima e all’energia. Una parte dedicata delle entrate del nuovo sistema per il trasporto su strada e gli edifici dovrebbe affrontare il possibile impatto sociale sulle famiglie vulnerabili, le microimprese e gli utenti dei trasporti.
  • Regolamento ESR sulla condivisione degli sforzi. Il nuovo regolamento assegna a ciascuno Stato membro rafforzati obiettivi di riduzione delle emissioni per gli edifici, il trasporto stradale e marittimo nazionale, l’agricoltura, i rifiuti e le piccole industrie. Riconoscendo i diversi punti di partenza e le capacità di ciascuno Stato membro, questi obiettivi si basano sul loro PIL pro capite, con adeguamenti effettuati per tenere conto dell’efficienza dei costi. La proposta può essere consultata qui: https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/proposal-amendment-effort-sharing-regulation-with-annexes_en.pdf
  • Regolamento su uso del suolo, silvicoltura e agricolturaIl regolamento fissa un obiettivo generale dell’UE per la rimozione del carbonio da parte dei pozzi naturali, equivalente a 310 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 entro il 2030. Il target proposto dalla Commissione per l’Italia è di -35 758 tonnellate. Gli obiettivi nazionali richiederanno che gli Stati membri Stati si impegnino ad espandere i propri pozzi di carbonio per raggiungere questo obiettivo. Entro il 2035, l’UE dovrebbe mirare a raggiungere la neutralità climatica nei settori dell’uso del suolo, della silvicoltura e dell’agricoltura, comprese anche le emissioni agricole non di CO2, come quelle derivanti dall’uso di fertilizzanti e dall’allevamento. La strategia forestale dell’UE mira a migliorare la qualità, la quantità e la resilienza delle foreste dell’UE. La proposta può essere consultata qui: https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/revision-regulation-ghg-land-use-forestry_with-annex_en.pdf
  • Direttiva Energie Rinnovabili. La direttiva sulle energie rinnovabili fisserà un obiettivo maggiore per produrre il 40% della nostra energia da fonti rinnovabili entro il 2030. Tutti gli Stati membri dovranno contribuire a questo obiettivo e vengono proposti obiettivi specifici per l’uso delle energie rinnovabili nei trasporti, nel riscaldamento e raffreddamento, negli edifici e nell’industria . I criteri di sostenibilità per l’uso della bioenergia sono rafforzati e gli Stati membri dovranno progettare qualsiasi schema di sostegno per la bioenergia in modo da rispettare il principio a cascata degli usi per la biomassa legnosa. La proposta può essere consultata qui: https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/amendment-renewable-energy-directive-2030-climate-target-with-annexes_en.pdf
  • Direttiva Efficienza Energetica. Per ridurre il consumo energetico complessivo, ridurre le emissioni e affrontare la povertà energetica, la direttiva sull’efficienza energetica fisserà un obiettivo annuale vincolante più ambizioso per ridurre il consumo energetico a livello dell’UE. Guiderà il modo in cui vengono stabiliti i contributi nazionali e quasi il doppio dell’obbligo annuale di risparmio energetico per gli Stati membri. Il settore pubblico sarà tenuto a rinnovare il 3% dei suoi edifici ogni anno per guidare l’ondata di ristrutturazioni, creare posti di lavoro e ridurre il consumo di energia e i costi per i contribuenti. La proposta può essere consultata qui: https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/amendment-energy-efficiency-directive-ambition-2030-climate-target-with-annexes_en.pdf
  • Trasporti su strada. È necessaria una combinazione di misure per affrontare l’aumento delle emissioni nel trasporto su strada per integrare lo scambio di emissioni. Standard più rigorosi sulle emissioni di CO2 per auto e furgoni mirano ad accelerare la transizione verso una mobilità a emissioni zero richiedendo che le emissioni medie delle nuove auto diminuiscano del 55% dal 2030 e del 100% dal 2035 rispetto ai livelli del 2021. Di conseguenza, tutte le nuove auto immatricolate a partire dal 2035 saranno a emissioni zero. Per garantire che i conducenti siano in grado di caricare o rifornire i propri veicoli in una rete affidabile in tutta Europa, il regolamento riveduto sulle infrastrutture per i combustibili alternativi richiederà agli Stati membri di espandere la capacità di ricarica in linea con le vendite di auto a emissioni zero e di installare punti di ricarica e rifornimento presso intervalli regolari sulle principali autostrade: ogni 60 chilometri per la ricarica elettrica e ogni 150 chilometri per il rifornimento di idrogeno.
  • Trasporti aerei e marittimi. Il regolamento sulle infrastrutture per i combustibili alternativi richiede che gli aerei e le navi abbiano accesso a forniture di elettricità pulita nei principali porti e aeroporti. L’iniziativa per l’aviazione ReFuelEU obbligherà i fornitori di carburante a miscelare livelli crescenti di carburanti sostenibili per l’aviazione nel carburante per aerei trasportato a bordo negli aeroporti dell’UE, compresi i carburanti sintetici a basse emissioni di carbonio, noti come e-fuel. Allo stesso modo, l’iniziativa marittima FuelEU stimolerà l’adozione di combustibili marittimi sostenibili e tecnologie a emissioni zero fissando un limite massimo al contenuto di gas serra dell’energia utilizzata dalle navi che fanno scalo nei porti europei.
  • Tassazione dell’energia. La revisione della direttiva sulla tassazione dell’energia propone di allineare la tassazione dei prodotti energetici alle politiche energetiche e climatiche dell’UE, promuovendo tecnologie “pulite” e rimuovendo esenzioni obsolete e aliquote ridotte che attualmente incoraggiano l’uso di combustibili fossili. Le nuove regole mirano a ridurre gli effetti dannosi della concorrenza fiscale sull’energia, aiutando a garantire agli Stati membri entrate dalle tasse verdi, che sono meno dannose per la crescita rispetto alle tasse sul lavoro. La proposta può essere consultata qui: https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/revision_of_the_energy_tax_directive_0.pdf
  • Meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere (CBAM). Il nuovo meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere fisserà un prezzo del carbonio alle importazioni di una selezione mirata di prodotti per garantire che un’azione ambiziosa per il clima in Europa non porti a una “rilocalizzazione delle emissioni di carbonio”. Ciò garantirà che le riduzioni delle emissioni europee contribuiscano a un calo delle emissioni globali, invece di spingere la produzione ad alta intensità di carbonio al di fuori dell’Europa. Mira inoltre a incoraggiare l’industria al di fuori dell’UE e i nostri partner internazionali a compiere passi nella stessa direzione. La proposta può essere consultata qui: https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/carbon_border_adjustment_mechanism_0.pdf

La Commissione propone inoltre un nuovo Fondo sociale per il clima per fornire finanziamenti dedicati agli Stati membri per aiutare i cittadini a finanziare investimenti in efficienza energetica, nuovi sistemi di riscaldamento e raffreddamento e mobilità più pulita. Il Fondo sociale per il clima sarebbe finanziato dal bilancio dell’UE, utilizzando un importo equivalente al 25% delle entrate previste dello scambio di quote di emissioni per i carburanti per l’edilizia e il trasporto stradale. Fornirà 72,2 miliardi di euro di finanziamenti agli Stati membri, per il periodo 2025-2032, sulla base di una modifica mirata del quadro finanziario pluriennale. Con una proposta di attingere ai finanziamenti corrispondenti degli Stati membri, il Fondo mobiliterebbe 144,4 miliardi di euro per una transizione socialmente equa.

Focus su Regolamento su Uso del Suolo, Silvicoltura ed Agricoltura

La Commissione propone di rivedere il regolamento sull’uso del suolo, il cambiamento di uso del suolo e la silvicoltura per fornire incentivi agli Stati membri affinchè aumentino e migliorino i loro serbatoi naturali di carbonio. La Commissione propone di passare a un quadro politico integrato che copra le attività relative all’agricoltura, alla silvicoltura e all’uso del suolo (AFOLU), nell’ambito di un unico strumento di politica climatica oltre il 2030.

La Commissione propone di istituire obiettivi vincolanti per gli Stati membri per aumentare la loro rimozione netta di carbonio nel settore dell’uso del suolo e della silvicoltura per il periodo dal 2026 al 2030 e per semplificare le norme di conformità. I nuovi obiettivi degli Stati membri si sommeranno a rimozioni nette di carbonio di -310 Mt di CO2 equivalente nell’Unione per il 2030, con un aumento di circa il 15% rispetto a oggi.

La Commissione propone inoltre di puntare a un obiettivo a livello dell’UE per raggiungere la neutralità climatica nel settore combinato dell’uso del suolo, della silvicoltura e dell’agricoltura entro il 2035, comprese le emissioni agricole diverse da CO2, come quelle derivanti dall’uso di fertilizzanti e dal bestiame. La produzione primaria di cibo e biomassa dovrebbe diventare climaticamente neutra entro il 2035, avviando l’UE verso la neutralità climatica nel 2050.

Inoltre, la proposta punta a migliorare il monitoraggio, la comunicazione e la verifica delle emissioni e degli assorbimenti, ad esempio attraverso un maggiore uso di dati geografici e il telerilevamento, in modo che i progressi degli Stati membri verso il raggiungimento dei loro obiettivi possano essere seguiti con maggiore precisione e accuratezza (anche per le aree sensibili ad alta biodiversità o ad alti stock di carbonio). Le norme proposte copriranno anche meglio gli impatti negativi delle perturbazioni naturali (ad esempio incendi boschivi, scolitidi) sul rispetto degli obiettivi degli Stati membri. Infine, viene proposto un quadro di incentivi per lo stoccaggio del carbonio nei prodotti del legno a uso circolare e di lunga durata.

La Commissione propone un approccio in tre fasi:

  • Le regole attuali restano in vigore fino al 2025.
  • Nuovi obiettivi per una maggiore rimozione netta di carbonio per il 2026-2030. La proposta fissa un obiettivo a livello dell’Unione per l’assorbimento netto di carbonio pari a -310 Mt di CO2 equivalente entro il 2030. Gli Stati membri saranno soggetti a obiettivi vincolanti per il periodo 2026-2030 in linea con l’ambizione generale per il 2030. Gli obiettivi degli Stati membri si baseranno sul livello medio di assorbimenti o emissioni dal 2016 al 2018, nonché sul loro potenziale aumento basato su la superficie gestita disponibile in ciascuno Stato membro.
  • Neutralità climatica nel settore dell’uso del suolo, della silvicoltura e dell’agricoltura entro il 2035. La proposta mira a un obiettivo a livello dell’UE per la neutralità climatica per l’intero settore del territorio nel 2035, bilanciando tutte le emissioni di gas serra derivanti dall’uso del suolo, dalla silvicoltura e dall’agricoltura con gli assorbimenti da questi tre settori a livello dell’UE. Gli Stati membri sono obbligati a contribuire al raggiungimento dell’obiettivo collettivo e entro la metà del 2024 presenteranno nei loro piani nazionali per l’energia e il clima come intendono raggiungere questo obiettivo. Alla luce dei piani presentati e della relativa valutazione d’impatto, la Commissione proporrà obiettivi per gli Stati membri entro la fine del 2025 e possibili misure a livello dell’UE.

La Commissione sta lavorando a ulteriori misure, come l’iniziativa Carbon Farming e la Certificazione di Assorbimenti di Carbonio, che dovrebbero creare nuovi modelli di business e premiare gli agricoltori e i silvicoltori che adottano pratiche più rispettose del clima.

Fonte: European Commission

BioEnergia Trentino e Trentino Trasporti insieme per la sostenibilità: il biometano prodotto dai rifiuti organici trentini alimenterà gli autobus della città di Trento

Divulghiamo il Comunicato Stampa di Bioenergia Trentino, il cui socio di maggioranza è Bioenergia Fiemme spa associato FIPER. Un esempio di diversificazione nell’impiego delle molteplici forme di biomassa per diversi impieghi.  

Trento – La Provincia Autonoma di Trento, anche grazie all’impegno dei gestori della raccolta dei rifiuti e conseguentemente delle famiglie e delle imprese trentine, ha raggiunto risultati ragguardevoli nella differenziazione dei rifiuti conquistando negli ultimi 15 anni degli standard di eccellenza diffusa. Ed è proprio grazie a questo percorso e alla disponibilità di rifiuto differenziato che nasce in Trentino la filiera di valorizzazione del rifiuto organico con l’attivazione nel 2013 dell’impianto di BioEnergia Trentino a San Michele all’Adige.

L’impianto oggi tratta circa 60.000 tonnellate di rifiuti organici e di verde urbano provenienti da tutto il Trentino, materiale che dopo essere stato sottoposto ad un processo di allontanamento delle impurità viene avviato a digestione anerobica, un processo che consente la produzione di biogas che viene poi convogliato verso un sistema di cogenerazione che permette di produrre in modo combinato energia elettrica e calore.

L’energia elettrica prodotta, circa 8.500.000 Kwh/anno, viene immessa nella rete di distribuzione. L’energia termica è utilizzata nel processo industriale di digestione anaerobica che necessita di una temperatura di circa 55 °C. Dal primo luglio 2021, dopo alcuni mesi di sperimentazione, parte del biogas prima utilizzato esclusivamente per la produzione di energia sarà avviato ad un impianto capace di estrarre il biometano in esso contenuto, di comprimerlo e di immetterlo poi nella rete di distribuzione gas nazionale a circa 60 bar di pressione. L’investimento complessivo, sostenuto interamente da BioEnergia Trentino, per l’attivazione di questa nuova attività è vicino ai 2,5 milioni di euro e ha coinvolto imprese italiane e francesi leader nella tecnologia della purificazione, compressione e misurazione di gas. BioEnergia Trentino produrrà circa 2.000.000 di Smc di biometano all’anno che saranno ceduti, grazie al coinvolgimento tecnico del Gruppo Dolomiti Energia, a Trentino Trasporti per alimentare i 67 autobus a metano che oggi circolano a Trento coprendo il 57% delle percorrenze del capoluogo e risparmiando più di 3 milioni di kg di Co2 equivalente.

Dal 1 luglio 2021 questo fabbisogno di carburante sarà quindi soddisfatto attraverso il biometano ottenuto dai rifiuti organici degli stessi cittadini del capoluogo che utilizzano gli autobus per la loro mobilità. Si tratta di uno esempio concreto di economia circolare che mette insieme le filiere della raccolta differenziata, del trasporto pubblico e una modalità di fare industria che punta ad un’autentica transizione ecologica e dà prova della capacità del Trentino e delle sue imprese di essere promotore di innovazione a favore della collettività. Questa partnership promuove un percorso circolare virtuoso volto a ridurre gli sprechi, a promuovere il riuso e la produzione di energia da fonte naturale e 100% rinnovabile generando anche benefici per la qualità dell’aria in città e per l’ambiente.

BioEnergia Trentino si è sempre posta l’obiettivo di trovare nuove forme di sviluppo per attribuire un valore agli scarti presenti sul nostro territorio dentro processi di economia circolare locale. Tutto ciò al fine di offrire nuove opportunità di investimento e crescita ai nostri territori e contemporaneamente accrescere il livello di innovazione superando la dipendenza dalle fonti fossili. L’impegno del Gruppo ha consentito fino ad ora di dare un contributo alla strategia energetica provinciale e nazionale che viene oggi incrementato con l’avvio di questo primo impianto regionale di produzione di biometano ottenuto grazie all’energia contenuta nei rifiuti organici.

Per video:
https://wetransfer.com/downloads/0391bd4dac4707fb0ede6d736f490fe620210625150242/4d7b57c8d4eda9911a72c7bdad90f20b20210625150259/bf5728

 

Strategia forestale europea: l’appello delle associazioni della filiera bosco-legno-energia al Mipaaf

L’inclusione del materiale legnoso utilizzato a fini energetici nella bioeconomia circolare e la competenza nazionale della gestione forestale sono le principali richieste presentate dalle associazioni Aiel, Conaibo, Consorzi forestali, EBS, Ef, Fiper e Uncem in una lettera congiunta ai ministri Patuanelli e Cingolani.

Roma – Le principali associazioni che rappresentano gli operatori della filiera bosco-legno-energia in Italia hanno chiesto alGoverno italiano di intervenire per migliorare la Strategia forestale europea il cui documento in bozza sta circolando in questi giorni. I presidenti delle associazioni legate al settore delle biomasse solide Aiel, EBS, Ef, Fiper, e quelli del comparto forestale Conaibo, l’associazione Consorzi forestali e Uncem hanno scritto una lettera congiunta al ministro delle Politiche Agricole, alimentari e forestali, Stefano Patuanelli, informando anche il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, per esprimere preoccupazione in merito al documento sulla strategia forestale che sarà presentato alla Commissione europea nei prossimi giorni. La lettera è stata condivisa inoltre con gli europarlamentari italiani.

Le associazioni chiedono che nell’ambito della bioeconomia circolare sia incluso anche il materiale legnoso utilizzato per fini energetici, non solo quello impiegato per la realizzazione di prodotti di lunga durata, come le case, e per altri usi nel settore edile. Il legno impiegato per scopi energetici ha il diritto di entrare nel concetto di bioeconomia circolare per la valorizzazione di un settore che comporta una serie di ricadute positive sulla gestione forestale sostenibile ”, affermano le associazioni.

Nella lettera si evidenzia che la Strategia forestale europea non contempla le esternalità positiveconseguite grazie alla filiera bosco-legno-energia, nonostante questa abbia permesso negli ultimi anni di riqualificare e recuperare aree forestali danneggiate, degradate e/o affette da patologie, con un’importante azione di prevenzione dei rischi idrogeologici, di incendi, attuando diffusi interventi di miglioramento forestale. Le pratiche di gestione forestale sostenibile hanno inoltre un ruolo fondamentale nella salvaguardia della biodiversità e nella mitigazione dei cambiamenti climatici, senza dimenticare che rappresentano un importante volano di sviluppo locale, soprattutto in aree interne e marginali, quali le aree montane, nonchè una fonte di reddito per le imprese boschive e i diversi operatori di filiera.

Le associazioni richiamano l’attenzione del Governo sul carattere nazionale della competenza in materia di gestione forestale, le cui pratiche sono oggi integrate nelle legislazioni nazionali e regionali secondo il principio di distribuzione delle competenze e della sussidiarietà, in linea con i criteri e gli indicatori di Forest Europe. “L’istituzione di un possibile nuovo quadro giuridico che includa un ulteriore strumento di pianificazione e gestione forestale a livello europeo con la definizione di indicatori e soglie distorcerebbe le politiche sinora attuate dagli Stati Membri”, si legge nella lettera congiunta.

Infine, con riferimento agli obiettivi di neutralità carbonica al 2050 si è posta l’attenzione sul ruolo strategico del settore forestale attraverso funzioni strettamente interconnesse come il sequestro e lo stoccaggio del carbonio negli alberi, nei prodotti legnosi e la sostituzione di combustibili fossili con l’impiego di biomassa. Per questo all’interno della Strategia Forestale la bioenergia deve essere considerata, secondo le associazioni, in un approccio omnicomprensivo funzionale all’effettivo, concreto e complessivo miglioramento degli ecosistemi.

Rudi Rienzner, direttore di SEV, membro Comitato scientifico FIPER, nominato nuovo vicepresidente di GEODE

Rudi Rienzner, direttore di SEV, membro del comitato scientifico FIPER, nominato nuovo vicepresidente di GEODE, l’associazione europea di rappresentanza delle aziende locali di distribuzione energetica

Bruxelles  Rudi Rienzner, direttore della Federazione Energia Alto Adige (SEV), nonché membro del Consiglio Direttivo FIPER, è stato oggi nominato vicepresidente di GEODE, l’associazione europea di rappresentanza delle aziende indipendenti di elettricità e gas, nel corso dell’Assemblea generale. GEODE, fondata nel 1991 e con sede a Bruxelles, è impegnata a favore di un’economia energetica pluralistica.

Rudi Rienzner rileva il testimone dal britannico David Smith, che ha rimesso il mandato a seguito della Brexit.

Oggi aderiscono a GEODE 92 aziende e associazioni di 15 Paesi europei. Portavoce dei distributori energetici locali europei, GEODE tutela gli interessi di 1.400 imprese individuali che gestiscono reti per 100 milioni di utenti e prestano servizi legati a un’economia energetica di rete.

Commenta Walter Righini, presidente FIPER: ”mi congratulo con Rudi a nome di tutti gli associati FIPER per la nuova carica in GEODE; la sua presenza è importante e strategica per favorire fattivamente la costituzione delle comunità dell’energia rinnovabile, a partire dalla naturale evoluzione delle cooperative storiche. Un nuovo modello di generazione distribuita, che rimette al centro il ruolo dei cittadini nella fase di transizione ecologica”.

Direttiva REDII: a rischio il futuro delle bioenergie. Le associazioni scrivono alle Istituzioni.

Le associazioni Aiel, Ebs, Ef, Fiper e Itabia, che rappresentano il comparto delle biomasse solide, con una lettera congiunta si rivolgono ai ministri Cingolani (MiTe), Patuanelli (Mipaaf) e Giorgetti (Mise) per chiedere di avviare un confronto in tempi rapidi con gli operatori del settore nell’iter di recepimento della Direttiva REDII.

Le associazioni ritengono prematuro attuare una revisione della Direttiva, proposta in discussione a Bruxelles ipotizzando nuovi criteri di sostenibilità per le biomasse, prima ancora di una verifica in campo di quelli già molto stringenti previsti dalla stessa REDII in fase di recepimento.

Roma, 10 giugno 2021 – Le associazioni Aiel, Ebs, Elettricità Futura, Fiper e Itabia che rappresentano la filiera foresta-legno-energia in Italia e in Europa hanno scritto una lettera congiunta al ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, al ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Roberto Patuanelli e al ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, in merito alla revisione e attuazione della direttiva REDII. Le associazioni esprimono la loro preoccupazione per il mancato confronto con gli operatori di riferimento sul tema. La lettera è stata scritta anche in vista del Transport, telecommunications and energy council (energy) del prossimo 11 giugno.

Le associazioni firmatarie sostengono l’importanza di introdurre criteri di sostenibilità per l’uso delle biomasse legnose a scopo energetico che indirizzino correttamente il mercato e chiedono di essere coinvolte in un processo partecipato di revisione e implementazione della Direttiva sulle energie rinnovabili REDII.

Solo così sarà possibile garantire che l’eventuale revisione delle misure di sostenibilità attualmente proposta dalla Commissione Clima e Ambiente EU sia migliorativa a livello di mercato e di tutela ambientale per l’intera filiera, e risponda a criteri realisticamente applicabili, tali da garantire l’accelerazione della decarbonizzazione del sistema energetico nazionale e quindi il raggiungimento degli obiettivi energetici e climatici europei.

Nella lettera le associazioni si mettono a disposizione per dare il proprio contributo alle azioni di contrasto al cambiamento climatico e di sostegno alla biodiversità che l’Europa propone all’interno del Green Deal nel pacchetto Fit for 55” (con cui si definiscono 12 misure atte a centrare l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas-serra del 55% al 2030).

Per ottenere questo risultato, secondo le firmatarie, vanno coinvolte e integrate tutte le fonti rinnovabili di energia (FER) virtuose, programmabili e non, valorizzando la complementarietà tra loro e considerandone i diversi fattori locali di costo-opportunità. In tale ottica la bioenergia, la “rinnovabile” più strettamente legata al territorio, necessita di criteri di sostenibilità chiari, basati su evidenze scientifiche e concretamente realizzabili. Il Green Deal ha come obiettivo un’Europa climaticamente neutra entro il 2050; per raggiungere l’ambizioso traguardo il 2021 è considerato dalla Commissione Europea l’anno del passaggio dalla strategia all’azione. Nel processo di decarbonizzazione del sistema energetico sarà essenziale il contributo delle fonti rinnovabili, non solo per contrastare il cambiamento climatico ma anche per favorire la biodiversità.

Le associazioni riportano l’attenzione sul fatto che i modelli previsionali più credibili per il raggiungimento degli obiettivi europei di emissioni zero, nella valutazione d’impatto del piano degli obiettivi per il clima 2030, mostrano la necessità di incrementare l’attuale quota di bioenergia, prevedendo che il suo utilizzo aumenterà entro il 2030 e raddoppierà entro il 2050. La stessa Agenzia internazionale per l’energia (IEA) identifica “l’impiego innovativo e a basse emissioni della bioenergia come una risorsa chiave a livello globale per consentire l’integrazione di più rinnovabili e propone di allargare il suo utilizzo ai processi industriali e al teleriscaldamento”. È importante sottolineare, secondo Aiel, Ebs, Elettricità Futura, Fiper e Itabia che lo scenario tracciato dall’IEA parla esplicitamente di una “moderna bioenergia” gestita secondo criteri sostenibili, con notevoli ricadute positive sulla biodiversità e sulla tutela delle aree forestali. Si evidenzia inoltre che In Italia, il prelievo legnoso a fini produttivi e energetici è tra i più bassi a livello europeo; nel nostro Paese è urgente la messa in atto della Strategia Forestale per favorire l’economia del legno e soprattutto prevenire i rischi idrogeologici, gli incendi e garantire il presidio di vaste aree montane a rischio marginalizzazione”.

Le associazioni ritengono che i criteri di sostenibilità per la biomassa contenuti nell’attuale versione della Direttiva sulle energie rinnovabili REDII e gli obblighi di comunicazione ai sensi della Direttiva sulla governance dell’Unione dell’energia, costituiscano un quadro solido per garantire la protezione dell’ambiente e del clima e meriterebbero di essere rivisti solo a seguito della loro effettiva attuazione e della conseguente valutazione di impatto.

L’auspicio è che il governo italiano si faccia parte diligente presso la Commissione europea per favorire fattivamente la gestione forestale sostenibile secondo le indicazioni ampiamente discusse e definite all’interno della Strategia Forestale Nazionale. Altrimenti il rischio è di disporre di una Strategia forestale innovativa che promuove l’economia del legno e dei suoi cascami con un approccio sostenibile all’interno di un contesto europeo che in fieri propone la revisione dei criteri di sostenibilità non ancora recepiti dal legislatore italiano. Un rischio da evitare per il bene delle nostre foreste, delle aree montane e dell’economia del Paese.

Fit for 55? L’Europa ha bisogno di criteri di sostenibilità basati su scienza e pratica

Se l’UE vuole davvero realizzare le sue ambizioni del Green Deal per il clima e la biodiversità, i nuovi criteri di sostenibilità nel pacchetto Fit for 55 devono essere basati su scienza e pratica, consentendo una gamma complementare e non in competizione di energie rinnovabili, compresa la bioenergia.

La Commissione europea ha promesso un “passaggio dalla strategia alla realizzazione” nel 2021, anche per l’ambizione del Green Deal di un’Europa climaticamente neutra entro il 2050.

In questo senso, abbiamo l’imminente pacchetto Fit for 55 destinato a contribuire e mantenere l’impegno dell’Europa: ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030. Il pacchetto comprende le energie rinnovabili e l’efficienza energetica in primo luogo; seguono poi il rendimento energetico degli edifici, uso del suolo, tassazione dell’energia, condivisione degli sforzi e scambio di emissioni.

Un’Europa climaticamente neutra significa un sistema energetico decarbonizzato. L’evoluzione verso un tale sistema è anche fondamentale sia per la ripresa dell’UE dalla pandemia di COVID-19 sia per la sua prosperità a lungo termine.

L’energia rinnovabile proveniente da fonti più sostenibili sarà essenziale per questa evoluzione nell’aiutare a combattere non solo il cambiamento climatico, ma anche la perdita di biodiversità. È per questo motivo che la Strategia per la biodiversità 2030 dell’UE dà la priorità a soluzioni come l’energia oceanica, i parchi solari e la bioenergia sostenibile.

Criteri di sostenibilità basati su scienza e pratica

In questo momento cruciale, la coerenza e la certezza delle politiche sono essenziali per mantenere e accrescere la fiducia degli investitori. Senza questo, i progressi verso un’Europa climaticamente neutra saranno sicuramente rallentati, o addirittura potenzialmente invertiti.

L’UE può cogliere l’attuale opportunità ed evitare tali rischi garantendo che la progettazione dei nuovi criteri di sostenibilità sia coerentemente basata su scienza e pratica. Tale approccio include la presa in considerazione delle seguenti cinque azioni:

1) Mantenere l’approccio basato sul rischio (RBA) come principio fondamentale della sostenibilità della biomassa. Come riconosciuto dall’OCSE, il RBA produce risultati reciprocamente vantaggiosi. Da un lato, gli operatori di mercato possono contare su un quadro normativo più efficiente ed efficace in grado di ridurre i costi per le imprese; dall’altro, assicura anche una minimizzazione del rischio sull’impatto ambientale. Pertanto, qualsiasi evoluzione dell’attuale sostenibilità deve rimanere allineata a questa metodologia.

2) Riconoscere che l’applicazione retroattiva dei requisiti esistenti sulle emissioni di gas a effetto serra non dipende semplicemente da modifiche estetiche alla politica di approvvigionamento. Al contrario, ciò potrebbe compromettere le decisioni aziendali prese nell’ambito dell’attuale quadro giuridico.

3) Considerare la sostenibilità come un concetto sfaccettato che comprende non solo considerazioni ambientali ma anche fattori socio-economici ugualmente rilevanti. In particolare, il settore della bioenergia in Europa impiega più persone rispetto ad altre energie rinnovabili messe insieme, soprattutto nelle aree rurali. Parallelamente, contribuisce con 57,7 miliardi di euro all’economia europea (2018) attraverso una catena del valore diversificata, dalla gestione forestale alla produzione all’avanguardia.

4) Considerare il rispetto dei costi per i piccoli operatori. L’eccessiva burocrazia rischia di costringere un numero significativo di piccoli operatori a tornare ai combustibili fossili, con implicazioni negative per l’occupazione e la crescita nelle aree rurali. Questa tendenza è già osservabile in un certo numero di Stati membri in cui gli operatori devono far fronte a un quadro normativo instabile per i progetti di bioenergia e quindi tornano a soluzioni basate sui combustibili fossili.

5) Lavorare sulla governance della sostenibilità basata sull’evidenza per la bioeconomia. Limitare la bioenergia sostenibile all’approvvigionamento di materie prime specifiche o limitarne la crescita non produrrà alcun beneficio ambientale, al contrario, danneggerà sicuramente la sua catena di approvvigionamento e la sua resilienza.

Fonte: https://www.euractiv.com/